Mi accorsi per caso del display illuminato, e abbandonai in fretta le volte neogotiche della Biblioteca de Catalunya per rifugiarmi in bagno:
– Ho un biglietto per Travaglio e la Ferrari. Vieni?
Ripensai ai fogli lasciati in sala, appunti di catalano, articoli d’opinione letti a bassa voce e commentati in tre minuti d’orologio. E risposi di no, che il giorno dopo avevo l’esame.
Adesso non sarebbe crollato il mondo, come farà sicuramente oggi (e in effetti è già in ritardo, poteva almeno risparmiarmi il terzo giorno di ciclo), ma mi sarebbe piaciuto andarci anche pagando il biglietto, figuriamoci così, all’improvviso e gratis.
Poi avevo ripensato a me stessa nei corridoi del liceo, il giorno dell’esame di maturità, mentre dicevo a mio padre venuto a curiosare che non ero pronta per l’orale, mi ero organizzata male, avevo studiato troppo certi argomenti e meno certi altri. E lui mi aveva confessato che alla vigilia del suo, di esame, aveva avuto la stessa impressione.
Quindi niente, 13 anni dopo pensavo di non voler ripetere lo stesso errore.
È un grande lusso, non ripeterli.
Rendersi conto che a fare le stesse cose, ottieni sempre gli stessi risultati. E allora meglio cambiare.
C’è anche il vantaggio che ormai a quasi 32 anni mi si considera ancora giovane, ma intanto ho l’esperienza delle cantonate precedenti.
No, davvero, quello di trovarsi in una situazione già vissuta e agire diversamente è una bella cosa. Indipendentemente dal risultato.
Perché proprio l’esame del giorno dopo lo feci maluccio, o quella fu la mia impressione, mentre l’orale, di lì a una settimana, mi vide infinitamente più sciolta nonostante fossi uscita la sera prima, per parlare un po’ con un’amica madrelingua.
Ma almeno, rispetto alla 18enne stakanovista che alternava nottate sui libri a svaghi eccessivi, avevo provato a cambiare un po’ il corso della storia.
Non come il lontano venerdì sera in cui un’amica olandese, oggi scrittrice fidanzata con un italoperuviano, allora neoguiri festaiola, mi vide baciare un regazzetto di Bordeaux (città di cui ho provato tutto, tranne il vino). Io ero alticcia, lui aveva 7 anni in meno a me e svariati kg di cazzimma in più, nonostante non fosse il partenopeo dei due.
– What are you doing? – mi sussurrò l’amica, ridendo imbarazzata.
– Making mistakes. As always.
Quello no, magari, ma certi errori li benedico ancora. È un discorso un po’ scontato, dosoncricchiano, e il peggio è che ci credo. Non rifarei tutto daccapo, ma a volte gli errori cascano a fagiolo.
Andare a vivere da sola a dottorato finito e ingegnarsi per permetterselo. Partecipare a un ridicolo progetto politico e imparare a dire di no.
Prima di prendere un aereo, poi, ho fatto alcuni degli errori più belli della mia vita. La prima volta almeno ho fatto scacco matto a Charlie Chaplin, che il suo amore eterno manco l’aveva mai baciato. L’ultima, invece, ho fatto le cose per bene. Come la Locatelli. Ho detto tutto quello che andava detto, fatto tutto quello che andava fatto, sofferto quello che andava sofferto, sperato quello che andava sperato.
Le cose per bene, insomma.
Vuoi mettere?
(sì, dovevo postare notte prima degli esami)