Uno trotterella sul Corso all’ora dello struscio, e fa ciao con la mano alla poliziotta che entra in macchina, al posto del passeggero, per una manovra improbabile in mezzo alla folla. La poliziotta gli dice ciao, a voce.
Un altro lo fa a me, ciao ciao, dalla macchina. Non capisco subito se è una bimba o un bimbo, e allora per non sbagliare quando scende dico che bell*@#… La mamma sorride.
Un altro non è più un bambino, anzi, il 22 sera mi dice che già sa che regali avrà a Natale, perché lui a Babbo Natale non ci crede più e li ha scelti coi suoi. Suo fratello, che poverino ci crede ancora, lo scoprirà solo il 24 notte.
Un’altra ammira il mio presepe. Per farlo ci vuole molta indulgenza o tanta fantasia, e la seconda non le manca. Le luci sono mezze fulminate, i pastori piccoli sono spariti e quelli grandi si affollano davanti alla grotta, come se lì distribuissero iPhone. Ma lei guarda incantata. A casa sua fanno solo l’albero.
– Come si chiama, questa?
Angela. Meno male, mi ha chiesto l’unica pastorella che ricordo ancora. Ah, no, so pure quella che munge la capretta.
– Ruth – la presento.
Annuisce seria, non ha mai sentito il nome. Io lo scoprii proprio alla sua età, credo. La mia Cenerentola preferita, della Bibbia, dopo Ester.
Un altro è bello e qualche anno fa ne avrei fatto uno così, magari altrettanto bello se avesse preso dal padre. Ma non so se il genitore mancato vorrebbe essere associato a questo delizioso nasino un po’ indiano (“India maricón! Tú qué gusta más, India o Pakistan?”, “Pa-Pakistan?”, “Bien! Muy bien!”). Appena mi vede si nasconde dietro la mamma bionda, poi giochiamo a scacchi. Ma mancano pedine. Allora lui si scoccia e fa a modo suo: mi mangia un alfiere col pedone, ma in verticale, e per comodità mette due cavalli nella stessa casella, così mi attacca meglio.
Le regole cambiano ogni volta che sta perdendo lui. A un certo punto annuncia “la regina è sudata”, e la mette a bordo tastiera.
– Anche i grandi campioni si riposano – spiega.
Infine, si prende tutte le pedine e non me le vuole dare più. Allora lo inseguo, rovesciamo una sedia, finiamo sotto al tavolo (lui letteralmente), re e pedoni si sparpagliano insieme in un’allegra anarchia.
– La bambina sembri tu! – grida mio padre, che sotto al tavolo a rincorrermi non ci è finito mai.
E io sorvolo sul cognome che avrei voluto per i miei figli, anche se la questione al paese si ripropone facile, specie se quell’assassina di Rai 3 mi piazza a tradimento Nuovo Cinema Paradiso. E penso all’ultimo bambino, quello che non vedrò mai.
Figlio di una che lo voleva con un altro, tanti anni fa, e poi l’ha fatto uguale.
E allora mi chiedo se essere una bambina coi bambini fa di me una brava madre, o una brava bambina.