lacrime Il domandone di sempre è: perché quando siamo tristi mettiamo canzoni a dir poco malinconiche?

Cerchiamo di autoistigarci al suicidio? Vogliamo imitare la povera Sylvia Plath e mettere la testa nel forno, sorvolando sul fatto che lei il forno ce l’avesse a gas? (Particolare che una volta assimilato rende la faccenda solo tragica, e non splatter come temevamo).

Fatto sta che quando dobbiamo affrontare una rottura, e magari l’arrivo del ciclo (le disgrazie non vengono mai da sole), mica sentiamo Don’t Worry Be Happy, o rivediamo tutti i video di Padre Maronno.

No. Noi mettiamo su Nick Cave, Chavela Vargas o i Modà, a seconda della morte di cui vogliamo morire (decidete voi in quale caso sia meritata…).

Perché, figlioli, facciamo questa minchiata?

Magari per lo stesso motivo per cui in un film horror la vittima va esattamente in soffitta, a mezzanotte in punto, nella casa appena comprata dopo l’omicidio seriale dei precedenti proprietari. O ci andiamo a toccare ripetutamente quel brufolo orribile che così ci durerà un mese, finendo pure per dargli un nome, viste le dimensioni (io in gioventù usavo quelli della lirica, ricordo un Rodolfo formidabile).

Ok, cancellate l’ultima immagine.

Resta il problema del masochismo umano.

“Eh, preferisco sfogare, che poi sto meglio”.

Ci prendiamo per sfinimento, in pratica. E dopo che la buonanima di Chavela avrà giurato “Por Dios que me mira” di non tornare, piangendo di rabbia più o meno come noi, miiica scattiamo sull’ attenti alla prima chiamata dell’ (ex) amato bene? Che però vuole solo che gli restituiamo cuore e giubbotto.

Ok, manco va bene far finta di niente, e poi cadere ai suoi piedi in lacrime appena lui si presenta a una festa di amici con un’altra (scena realmente vissuta, con me, ovviamente, nella parte dell’altra).

Ma insomma, proprio non troviamo una soluzione migliore che finire di deprimerci?

Ognuno fa quello che vuole, oh. Ma, non so se è una cosa che capita solo a me, a lasciarsi il drammone in camera per fare una passeggiata, le cose vanno decisamente meglio. Scopriamo che non finisce mica il cielo e lo sapevamo, il mondo va avanti uguale, con la proverbiale cazzimma tanto amica di questo blog. Ma intuiamo pure che presto o tardi andremo avanti anche noi.

E se riusciamo perfino a sopportare la festa di cui sopra, con tanto di trenino e Tanti auguri a te cantati in tutte le lingue, magari troviamo pure qualcuno per la serie “Adesso ho le voglie di un 90enne assonnato, ma alla prossima sei mio!”.

Ovviamente “alla prossima” verrà in compagnia (e no, stavolta non sarò io).

Ma almeno vi sarete perfettamente ripresi e potrete rimpiangere l’occasione mancata con tutti i crismi.

So’ soddisfazioni.

(consigli per dediche alla sua radio preferita)

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