E così, ho scoperto pure il sozzoso in versione senegalese.
Grazie ai miei compaesani in visita a Barcellona per una mostra fotografica.
Va detto che l’esperta in sozzosi (leggi “ristoranti spartani, decadenti e untissimi”) sono io, sia a Napoli che a Barcellona. Tant’è vero che il mio sozzoso cinese e quello maghrebino non hanno manco un sito web, per non parlare di un nome scritto a caratteri romani! Ma stavolta i paisane li avevo portati al mio Teranga , che li ha scandalizzati: c’era addirittura spazio per sedersi!
La lacuna andava colmata, ha deciso la moglie catalana del fotografo. Così, entrando in questo tempio di sozzeria deliziosa, col riso estratto da secchie immacolate e un dislivello pazzesco sul suolo, oltre ad avere un orgasmo multiplo ho constatato tre cose:
1) il riso senegalese, proposto in alternativa al cous cous è troppo bello. Sembra spezzato a metà, i chicchi sono finissimi. Me ne accorsi in un ristorante clandestino vicino Piazza Garibaldi, scoperto grazie a una spia ivoriana;
2) ho una crisi d’identità col bilancio di fine pasto. Piatti delle catalane: mezzi pieni. Piatti dei paesani: ossa o spine. Piatto mio: una via di mezzo tra le due cose. Cosa sto diventando? Lo scopriremo solo vivendo;
3) lo humor del mio paese si fonda sostanzialmente sullo sfottò. Lo sapevo, ovviamente, anzi, ne soffro le conseguenze quando torno per le feste e scopro di non esser più abituata a esordi telefonici tipo ue’, munnezza!. Ma non l’ho mai capito come l’altro giorno, in un ristorante senegalese, seduta tra frattesi e catalane. Lo sfottò funziona così: si mette alla berlina un paesano alla volta, che assume un volto imperturbabile mentre di lui si dice qualsiasi cosa. Al massimo scuoterà la testa come a negare, e a quel punto verrà incalzato senza pietà fino alla rievocazione del lontano campeggio del 1994, quando ci provò con l’istruttrice dei boy-scout (“Io non ho mai fatto lo scout!”, “Neghi l’evidenza!”).
L’unica ancora di salvezza, per lo sfottò, è trovare una vittima “esterna”. Così il più “letterato” di noi si è girato verso una delle pareti, adornate da motivi afro, e ha dichiarato:
– Io vorrei sapere solo una cosa. Ma chisto chi è?
E infatti, tra foto “a tema” con l’ambiente, c’era il classico fricchettone locale con capelli lunghi, improbabili pantaloni gialli con disegnini africani, e canottina rosso aranciato.
In effetti, il senso estetico di gente abituata a sfottere per molto meno era decisamente messo a dura prova. Ma se consideriamo che la deliziosa compagna del letterato aveva remore a comprarsi un altrettanto delizioso cappellino anni ’20, temendo poetici commenti per strada (Ma chi si’, Charlie Chaplin?, le fu detto una volta), allora preferisco l’intruso daltonico sulle pareti del sozzoso.
Se fossi andata da Peppe 2, con la maionese erogata da pratici tubi che ricordano le zizze di vacca, avrei avuto delle visioni ancora più mistiche.
(Il menù del sozzoso dei sozzosi)