www.nekane.com Per me inizia adesso la settimana che finisce.

Questi 5 giorni sono stati un buco spazio-temporale che ha visto mio fratello e la sua ragazza cimentarsi in una delle più difficili missioni umanitarie al mondo: trasformare la mia tana in una casa per esseri umani. La gatta non era proprio entusiasta, ma si è fatta accarezzare dai nuovi venuti, tralasciando perfino i resti del pollo entrato in casa mia a beneficio dei due carnivori.

Domani ti porto le fotocopie, ho dichiarato due ore fa all’ennesimo interessante incontro per farvi conoscere i miei soldati della Grande Guerra. Domani è sabato, mi ha ricordato la mia interlocutrice. Ma avevo appena lasciato i miei beniamini sulla navetta per l’aeroporto e per me è lunedì. Tanto più che, se non hai un lavoro d’ufficio e vivi nel Raval, un giorno vale l’altro. Magari il venerdì stanno tutti vestiti a festa per andare in moschea, la domenica qualcuno chiude il negozio, e c’è il mercato su Rambla Raval. Ma poca roba.

Lo so, eh, che è passata una settimana, ed è stata interessante anche nelle ore che non mi hanno vista alle prese con Gaudí e con i tour gastronomici per la Barcellona multietnica.

Interessante nel bene e nel male. La mia solita risposta ai periodi no (fare cose) mi sta portando dritta a un altro collasso che vi propinerò in diretta. Ma per ora reggiamo, vecchie ossa permettendo. Adoro creare, nei limiti nel creabile.

Invece mi è spiaciuto vedere meno gente di quanta sperassi alla commemorazione di Íñigo in Plaça St Jaume. C’era Nicola alle prese con le candele, maledetto vento, e pure Esther.
Di lei mi è piaciuto che pubblicasse una foto di quando di occhi ne aveva due, dicendo che a vedersi sui giornali con la benda e tutto, si era sentita brutta, e voleva rivedersi allegra e sorridente dall’ultima vacanza.
Non sa quanto mi ha fatto riflettere sulla bellezza, su quanto possa essere una gioia e una risorsa per arricchirsi la vita, e quanto una padrona spietata, se lasci che t’invada casa secondo le sue regole. Che sono sempre quelle, irrazionali e contraddittorie, del mondo di fuori in questo esatto momento. In quel caso, altro che ventose per appendiabiti o ganci per la spazzatura, casa tua ti crolla addosso lo stesso. Se vuoi sentirti inadeguata ci riesci sempre, c’è chi non ti trova abbastanza accogliente o abbastanza tormentata, abbastanza burrosa o abbastanza pelle e ossa. Le donne le vogliono o rassicuranti o infelici, sono modelli di fascino. L’ho fatto anch’io, a suo tempo, con gli uomini, e mi sono sentita stupida troppo tardi. E sospetto che per gli uomini che ci cascano coi modelli maschili sia peggio, hanno meno strumenti per uscirne, o anche per capire che hanno un problema.

Viva Esther, quindi, Esther che sorrideva e che ora fa più fatica, ma là stava, in piazza.

E, detto en passant, bello che nella tua casa addomesticata, ripulita e piena di ventose, l’amore trionfi. Anche se per cinque giorni. Un amore giovane ma collaudato, fatto di refrain in comune e una profonda conoscenza dell’altro, anche nei suoi limiti. Una profonda accettazione, un profondo rispetto.

Vedo la differenza con gli amori tormentati, scusate l’ossimoro, quelli a cui abitua il caos di città come Barcellona. Quando hai quelli pensi solo perché non chiama, perché non vado bene, perché non va bene, perché. Quando hai l’altra cosa perlopiù non pensi, almeno non a quello che dovresti semplicemente vivere, senza rimuginarci troppo su.

Ed è bello vederlo in azione, ti riempie una casa più delle ventose.

Ti ricorda che la tua preziosa solitudine dovresti barattarla solo con qualcosa del genere, e nient’altro.

(questow sofito violay…)

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