Su un blog molto carino ho letto quest’articolo a proposito del Grande Gatsby, il flop del mai vincitore Leonardo Di Caprio. Mi è piaciuta la citazione iniziale, dal testo di Fitzgerald, in cui perfino Daisy, l’eterno amore di Gatsby, a volte non riesce a render giustizia alle illusioni che si è fatto il protagonista su di lei.
Mi è venuto da sorridere, perché il mio… Daisy, che forse avrebbe qualcosa da ridire su questo nomignolo, mi ha scritto ieri sera, annunciandomi di aver ripreso la sua attività artistica. È un bravo artista, infatti, “costretto” (lo virgoletto perché non lo si è quasi mai) ad accantonare il suo talento per un lavoro a tempo pieno e le solite questioni che devi affrontare nell’età adulta. Infatti ci separano un mare, due ore di volo, e vari anni di vite parallele, incrociatesi di nuovo solo da poco.
Quello che ci ha fatto rimanere buoni amici, come noi, è un’operazione che Gatsby non fa, condannandosi alla tomba. Anzi, la sua morte è quasi clemente, rispetto alla vita da zombie che avrebbe dovuto affrontare, una volta sfumato il sogno a cui si era dedicato.
Perché, lo faccio diventare donna per spiegare meglio il concetto, io la mia Daisy l’ho liberata, non pretendo più che sia ciò che mi aspettavo da lei.
In questo c’è stata una parte di acc… accett…, vabbe’, completate voi. Una delle più dure della vita, se ne Il quartiere un sognatore diverso da Gatsby (Vasco Pratolini, per l’occasione Valerio), quasi ci rimetteva le penne per aver perso la sua Olga: ebbene sì,parliamo dello sfumarsi dell’amore di gioventù.
Ma il mio “amore eterno”, rispetto a quelli appassionati e reali di Vasco-Valerio, sapeva più del sogno di Gatsby, che si sbatteva tanto a ricreare il passato, a far sì che tornasse, per il semplice lusso di continuare a sognare, ad avere un’immagine perfetta della vacua, infantile, capricciosa, vigliacca signorina che l’aveva stregato poco prima che partisse per la guerra.
Allora ho liberato il mio “Daisy”, che non aveva certo bisogno del mio permesso per allontanarsi da me, ma un po’ c’era rimasto male, nel perdere un’amica e una sorella “solo” perché i fati stabiliscano che non si ama a comando.
E con Daisy, mi sono liberata della parte malata delle illusioni.
Perché, mi ripeterò, le illusioni hanno una parte malata, che si dà quando decidiamo che la realtà (come le Daisy che popolano la nostra vita) debba adeguarsi alle nostre aspettative, e se non lo fa, da illusi diventiamo delusi.
Ma vivo in un posto in cui la parola ilusión, il·lusió in catalano, ha un significato sconosciuto all’italiano. O meglio, il primo è sempre quello di “miraggio”, immagine o rappresentazione senza una realtà a sostenerla, come quella di Gatsby per Daisy, e quella del mondo, come suggerisce l’autrice dell’articoletto, che si rivela sempre più impossibile da cambiare. Ma il secondo significato è completamente diverso:
Esperanza cuyo cumplimiento parece especialmente atractivo.
Capito? Qui illusione è sinonimo di speranza, una speranza che porta in sé i semi della realtà in cui si può trasformare. Me ne sono accorta la prima volta quando un’amica spagnola ha avuto una buona notizia a proposito di suo fratello. Noi avremmo detto “Mi fa piacere”. Lei, invece: “Me hace ilusión”.
Per questo, c’è illusione e illusione. Quella che vive solo nella nostra testa, e continua cocciuta a scapito di come vadano spontaneamente le cose e di ciò che vogliano davvero le persone coinvolte (noi compresi), lascia il tempo che trova. Ed è nociva per chi la coltiva e chi la subisce.
Poi c’è la ilusión, un progetto che ci sembra quasi impossibile, che farebbe bene sia a noi che agli altri e che tuttavia, vittime della nostra grammatica pessimista, saremmo più che propensi ad accantonare. Ma che, se lo guardiamo meglio, contiene in sé i germi della sua propria riuscita. E non sapremo mai con certezza se è per volontà di una forza superiore, o per un’ateissima profezia autoavverantesi.
E allora, per favore, illudiamoci. Restiamo le più grandi illuse, i più grandi illusi, che conosciamo.
Ma facciamolo bene.
Così quando la nostra Daisy ci scrive e ci dice quanto sia contenta, e ci parla delle sue, di illusioni, saremo contenti per lei. E per noi.