Nella scorsa puntata, si vaneggiava di stanze in cui cerchiamo forsennatamente cose che abbiamo perso o che non abbiamo mai avuto, senza mai porci il problema che l’oggetto del desiderio possa trovarsi fuori da quelle quattro mura.
Ora, per concludere, facciamo un po’ di variazioni sul tema.
Potrebbe venirci il dubbio che, siccome quanto cerchiamo non si trova in quella stanza, non sia da nessuna parte. In quel caso, ovviamente, si troverebbe immediatamente sulla soglia, ma usciremmo con gli occhi bassi senza neanche accorgercene. Oppure potremmo ammettere che semplicemente non sappiamo cosa stia succedendo e dove sia finito l’oggetto della ricerca, ma IN QUEL MOMENTO non riusciamo a localizzarlo. Rinunciare in questi casi è la cosa più difficile da fare. Ne parleremo in seguito. Limitiamoci a osservare, qui, che ne va del nostro orgoglio e dell’esigenza che sentiamo di dimostrarci di non aver perso tempo in una ricerca inutile.
E sì, forse il “tempo perso” è la cosa che fa più male.
A volte, però, ammettendo di averlo “perso” nel senso che intendiamo noi, ci accorgiamo che non è perso affatto, è stato solo una lunga e dispendiosa premessa per trovare davvero, nel luogo opportuno, ciò che cercavamo.
Quanto al ritrovamento, chi mi dice che avverrà proprio là fuori? Be’, niente, vado a tentoni come voi. Mi conforta l’esperienza, l’atticuccio assolato ed economico trovato quando ormai avevo rinunciato a sbattermi a cercare come non ci fosse un domani, limitandomi a visitare un sito di annunci immobiliari e passare parola (e il passaparola, come spesso accade, ha vinto). E quante volte i disperati tentativi di far funzionare una storia che una volta accantonati hanno portato almeno a una comoda, deliziosa amicizia? Ok, poche. Ma ci sono, vabbuo’?
E qui veniamo all’ultimo punto: siamo sicuri che troveremo esattamente quello che cerchiamo?
Vediamo. Magari sì. Se cercavate esattamente quel lavoro, e lo trovate appena abbiate lasciato la stanza in cui vi siete chiusi da soli, scrivetemi e spiegatemi come avete fatto. Anche se la persona che vorreste accanto, dopo interminabili tentativi di conquistarla, viene a voi senza che dobbiate minacciarla di morte.
Vi invidierò come una bestia, ma sarò anche contenta per voi, garantito.
A volte, però, potremmo renderci conto che quanto ci aspetta fuori dalla stanza non è esattamente quello che cerchiamo, ma va bene lo stesso. Come scritto in precedenza, potrebbe essere “l’idea” di quello che cerchiamo. Potremmo trovare l’amore, senza per forza “localizzarlo” in quella persona. Oppure ottenere il lavoro che volevamo in un’altra azienda che improvvisamente necessiti di un dipendente, e chi l’avrebbe mai detto che ci sarebbe piaciuto di più altrove.
O anche scoprire che se ci riposiamo un po’, senza neanche uscire dalla stanza, ci accorgiamo che quanto cercassimo era sempre stato lì, come quando cerco gli occhiali che tengo inforcati, solo che la cecità dataci dalla stanchezza e dall’accanimento ci teneva nascosto il particolare.
Quello che è certo è che a cercare sempre là dove non troviamo, si rischia di perdere ancora più tempo, ancora più energie, senza mai trovare.
E allora perché volevo intitolare questi paragrafi “la stanza del dolore”? Perché, come scritto in precedenza, il dolore mi pare un posto terribile in cui cercare le cose. Pensiamo che per il solo fatto di soffrire ce le siamo meritate, e allora sarà lì. E allora, mettiamo, le mie sofferenze di ora porteranno il mio ex a tornare da me. Ma le sue sofferenze non sono altrettanto degne di riportarlo dalla sua, di ex, e così via? E dopo un anno perso a cercare un lavoro, come reagiamo all’amico appena uscito dall’università che ne trova subito uno?
Allora, uscire dalla stanza del dolore. Perdonando, pensando ad altro, fate voi.
Basta che usciate.
E se come sospetto trovate tutto quello che cercavate ad aspettarvi fuori, magari non come credevate, magari non così, non dite che non ve l’avevo detto.