Qualche tempo fa si parlava dei piccoli e medi problemi (scadenze, bollette mai pagate, dissapori col capo) che non risolviamo mai anche per non doverci occupare di quelli grandi (amori infelici, rancori familiari, salute trascurata).
Lo facciamo, ipotizzavo, per paura del vuoto. Per paura di una vita che non cambierebbe tanto da farci ritrovare a sorseggiare mojitos alle Hawaii, ma abbastanza da toglierci tutti gli alibi per affrontare i problemi veri.
Si diceva infine che un primo passo, una cosa che aveva fatto bene almeno a me, consisteva nel “vedere una soluzione”. Immaginarsela, cominciare a pensare che esiste.
Scoprire che, anche senza finire alle Hawaii, una vita più serena non è malaccio. La cominceremmo anche oggi se non fosse che il capitolo “ora mi occupo dei problemi veri” potesse comprendere la parola fal… fallim… fallimen… No, davvero, non riesco manco a scriverla.
Ebbene, ho una notizia buona e una cattiva, che però è la stessa, quindi non vi chiedo quale volete leggere prima.
Ammesso che ciò che temiamo si chiami fallimento, potrebbe essere già in atto. Sicuramente, già sapete, non lo eviteremo ignorando il problema. Ne prolungheremo solo il decorso.
Ci cureremo l’insonnia quando già sarà diventata cronica (e mi sono mantenuta su un disturbo non letale), tenteremo di recuperare il rapporto quando saremo già troppo presi noi e ormai lontana lei, ecc. ecc.
E in più avremo ancora le incombenze, i problemini di cui sopra.
Vogliamo questo? Io no.
E allora dobbiamo educarci.
Il primo passo dopo la visualizzazione, dopo esserci immaginati questa nuova vita, è metterla in atto, magari una cosetta al giorno, per un certo tempo. Scrivere ogni sera due riflessioni sulla giornata passata, così da non perdere di vista dove siamo ora. Prendersi cinque minuti ogni giorno per una colazione in piedi, invece di mangiare schifezze al lavoro.
Ventuno giorni, ho letto da qualche parte. Fare una cosa per 21 giorni la trasforma in consuetudine.
Dubito che neutralizzi vizi accumulati per anni. Ma è vero che, inserendo pian piano un elemento nuovo nella nostra routine, lo trasformiamo in abitudine. In fondo, come abbiamo imparato a leggere?
Impariamo a leggere anche la vita in un modo diverso.
E per quello non ci sono scorciatoie. Tocca proprio fare un poco ogni giorno.
E una volta dato il primo passo, scatta la reazione a catena. Esempio scemo. Se raccolgo la cartaccia a terra in camera mia, poi mi viene voglia di buttarla, e osservando la scopa vicino alla pattumiera la prendo e la uso. Poi mi dico “che bel pavimento tirato a lucido, chissà come ci starebbe bene una passata di mocho”. E così mi ritrovo la stanza in ordine, e non ci credo nemmeno.
Restano i problemi seri.
Su quelli riflettiamo lunedì.