Ma se in frigo avete: pancetta, uova, pecorino q.b..
E in dispensa avete: rigatoni, aglio, olio, pepe nero.
… Cosa vi mangiate, a pranzo?
Sì, lo so, potreste farvi le uova strapazzate con pancetta, stile colazione inglese. Oppure la pasta aglio e olio.
Ma se avete tutti gli ingredienti per una carbonara, perché accontentarvi di questi surrogati?
Solo perché potete farlo? Ok, viva la libertà.
Ma se la vostra dispensa vi sta implorando in ginocchio di preparare proprio quel piatto, che vi riesce pure così bene, perché fare altro?
A me sembra che lo facciamo molto spesso, un po’ in tutto. Fare qualcosa molto al disotto delle nostre capacità. Al disotto di ciò che possiamo, in nome di ciò che crediamo di volere (che, guarda caso, coincide spesso con la decisione più pigra o meno esigente).
Io mo’ non sarò Dickens, ma volevo scrivere, e per molto tempo mi sono accontentata di descrivere appartamenti online per un’agenzia. La noia di commentare interni spesso tutti uguali veniva compensata dalla sfida di farlo in modo sempre diverso, e dalla quantità (quaranta descrizioni al giorno era la mia media).
E stavo bene. Mai stata meglio. Ma mi mancava qualcosa e non volevo vederlo, infatti, quando sono stata licenziata, la creatività che reprimevo mi ha travolta e trascinata con sé alla deriva, per un bel po’ di tempo. Finché non ne sono riemersa più consapevole della mia vocazione, e finalmente con una penna in mano.
Allora, guardandomi indietro, la sensazione è stata la stessa che avrei dopo essermi accontentata di una pasta scaldata (la specialità delle mie “amate” suore delle elementari) per la pigrizia di mettere a soffriggere roba sul fuoco: sfuggire al mio destino, in un certo senso. Prendere sottogamba le mie qualità. Una cosa è fallire come scrittrice, un’altra è non provarci proprio, accontentandomi di descrivere appartamenti.
Non è una questione di gerarchie, anzi. Una buona pasta aglio e olio vale la migliore delle carbonare, non dico di no (specie ora che non mangio carne). E c’erano persone, nell’agenzia degli appartamenti, che ci mettevano tutta la passione del mondo, perché quell’attività veniva incontro alle loro aspirazioni: non ci vedevano creatività frustrata, ma affari, la voglia di primeggiare nel loro campo, la passione per il mestiere. Per loro era questa, la storia, e questa la bellezza.
Dobbiamo cercare la nostra, di bellezza, la cosa migliore che riusciamo a fare e a essere, con gli ingredienti a disposizione.
Ne parleremo ancora, a stomaco pieno magari.