Vi è mai capitato, di ascoltare qualcuno cambiare totalmente idea su una cosa che gli stava a cuore? Ricordo una compagna di liceo che, a università iniziata, diceva della nostra vecchia prof. di Filosofia: “In fondo non ho mai avuto niente contro di lei”. Ma se partecipavi alacremente alle nostre macumbe pre-interrogazione!
Il senno di poi non gode di buona fama, ma ha molti seguitori. Si fa più doloroso quando si parla di rapporti di lavoro, o familiari, o di amori finiti.
Una volta perso il lavoro dei nostri sogni, in fondo non abbiamo mai voluto fare quello, davvero. Io non ho mai voluto insegnare all’università, mica è la crisi.
Con gli amori si arriva al parossismo: mai capitato di litigare con un ex che si è rifatto una vita? Spero di no. Diventiamo le “premesse” a questa fantastica nuova relazione che sta vivendo, che in retrospettiva fa della nostra una povera cosa che trascinavano controvoglia, come fosse un peso. Anzi, come dice Tucidide della Guerra del Peloponneso, ma vale per ogni guerra, anche per l’amore, cambiano le parole e il significato che si dà loro: quella che pure l’altro chiamava relazione ora è diventata una frequentazione, dategli tempo e diventerà “quando curiosamente ci svegliavamo insieme”. Teletrasporto?
A meno che la fantastica nuova relazione dell’ex non finisca e in un momento di estrema solitudine diventiamo l’unica persona che l’abbia mai capito.
Se poi la storia di per sé era ambigua, se non lo sapeva nessuno, se in fondo non era mai decollata, magari siamo stati messi da parte e soppiantati per un amore vero che durasse… Quanto, un mese? Due mesi? Ah, ma anche quando dura cinque minuti l’Amore Vero ha due piste in più, rispetto alla storiella così (e se ci fosse un’antimaiuscola, una lettera ultraminuscola appena visibile a occhio nudo, userei quella, per scriverlo).
E allora l’anno di alti e bassi passato insieme diventa solo una lunga introduzione a questa storia fulminante e un po’ incontinente che li ha scottati ma ha insegnato loro il “vero amore”. Siamo quella, quello di cui non era convinto, che non arrivava mai a essere lapersonagiusta, magari non per demeriti suoi, eh, fatto sta che chi ci ha seguito in quei cinque minuti prima di prendergli il cuore e stracciarlo in mille pezzi era tuttunaltracosa.
Ora, non possiamo impedire che l’altro abbia questa interpretazione della cosa, che ci “narri” così. Magari non ha neanche tutti i torti, quando paragona un amore mai nato a uno presente e vivo, anche se per poco. Quello che non dobbiamo accettare è l’idea per cui un altro sia più degno di noi solo perché, per circostanze difficili da verificare, si è guadagnato un amore che noi abbiamo mendicato a lungo.
Può essere stato più bello di noi, secondo gli standard (che poi de gustibus), più intelligente secondo i test (che quando mai ci hanno azzeccato), ma mai più degno, questo non sta ad altri deciderlo e non sta a noi, nell’umano consesso, stabilire chi “meriti” di più.
E il punto è questo, è questa la parte della narrazione che non ci deve quadrare: il punto in cui abbiamo mendicato qualcosa che ci spetta di diritto come esseri viventi, non perché siamo chissà chi, ma perché l’amore o te lo regalano o non ci sono soldi a comprarlo, e non c’è niente che possiamo fare per suscitarlo.
Non possiamo evitare di essere il cattivo o lo sfigato di una narrazione altrui, e di una narrazione ex-post, ma l’altro non può impedirci di non gradire quel ruolo e di fare di tutto, in futuro, per costruirci una storia come vogliamo noi, in cui non siamo quello che striscia e mendica fino alla sua uscita di scena, ma lasciamo fin dall’inizio il limbo dell’ambiguità, dell’umiliazione, dei diritti non rispettati, per crearci la vita che vogliamo noi.
Una volta rinunciato alla parte, una volta detto no a questo regista sfigato che ci portiamo dentro e che ha per noi sempre gli stessi ruoli, allora siamo pronti per il ciak.
Si ripete. E stavolta, meno dramma e più bellezza.