E poi non ci arrendiamo. Non ci consegniamo in pace e senza condizioni a questa nuova vita, o a questo nuovo aspetto che ci cambia tutto il quadro.
Perché? Perché al dolore un po’ ci si affeziona. O a ciò che lo provocava, nonostante tutto. E poi, ormai avevamo imparato a percorrere quella strada, al mattino, tra casa nostra e il vecchio lavoro, tra i nostri pensieri e le cose che non potevamo desiderare.
E allora facciamo resistenza. La nuova storia fa fatica a decollare, la persona che è entrata nella nostra vita aspetta benevola che le lasciamo più spazio. Un nuovo datore di lavoro può non avere la stessa pazienza, e infatti vedo più gente perdere un posto nuovo, dopo averlo finalmente trovato, che uccelli in cielo.
Ma qui viene il paradosso, qui ci sono le sabbie mobili: prima ci arrendiamo alla nostra nuova vita, prima questa comincia e acquista significato.
Prima lasciamo andare il passato che volevamo risolvere in un altro modo e in altri tempi, prima ci arrendiamo all’evidenza che il nostro presente ha un altro nome, e altri colori, diversi da quelli che avevamo immaginato, infinitamente più funzionali. E anche dolci, se gliene diamo l’occasione.
“Ma allora devo rinunciare a quello che volevo!”. No, il segreto non è quello. Non è decidere che l’azienda che ormai era come una piccola famiglia non ci chiamerà più, che quella borsa all’università è andata via per sempre e non ci saranno altri modi per reinserirci, anche con stipendio ridotto. Non è concludere che quella persona che abbiamo inseguito per un anno non ci guarderà mai, e ci “tocca” la bella storia nuova che sta iniziando ora.
È una questione di attenzione: cosa mi sta succedendo, ora? Ora ho trovato lavoro alla cassa sotto casa, proposta buttata lì mentre facevo la spesa, così posso permettermi di mandare avanti quel progetto all’università; ora ho conosciuto questa ragazza a questa festa e ci stiamo scambiando dei messaggi.
Domani chissà.
Il nostro problema è che ci anticipiamo agli eventi, o ripercorriamo quelli passati sperando che questa volta il finale sia diverso, come se non avessimo visto quel film mille volte.
Non ci rendiamo conto che solo una parte della trama, circa un terzo, dipende da noi, Il resto è vedere cosa ne pensano gli altri e come si mette la situazione.
E allora, spostiamo la nostra attenzione su ciò che ci sta succedendo ora, invece che su quello che dovrebbe succedere, o quello che non è successo.
Forse, facendolo, potremmo perfino aprire la strada a un finale diverso, un finale che paradossalmente si avvicini a quello che volevamo noi.
Il segreto, come in tante cose, è rinunciare a pretenderlo.