Lo so che ne abbiamo già parlato, ma è meglio ritornarci, perché questa battaglia, come suggerisce il titolo, si combatte sulla nostra pelle, e noi non ne siamo i protagonisti. Noi siamo solo il campo di battaglia.
Lo siamo ogni volta che qualcuno che amiamo molto, amico amante o genitore, pensa a noi e si chiede “È giusto che io l’opprima coi miei problemi?”, e si risponde da solo di sì, perché tanto soffre. Come se la loro sofferenza giustificasse qualsiasi cosa, anche invadere le nostre vite con le loro richieste di attenzione, intrufolate dappertutto come prezzemolo nella minestra.
Ma il caso peggiore è la persona incapace di dire sì che crede di risolvere il problema passando dall’altruismo forzato all’egoismo a oltranza: comincia a dire di no a qualsiasi cosa. Così si trasforma anche in una sorta di parassita, ci sfrutta, in nome di tutto quello che ha fatto per noi senza che glielo chiedessimo e senza neanche che ci servisse.
Sono persone che senza volerlo o senza neanche farsi ‘na domanda ci sottraggono tanto di quel tempo, ci succhiano tante di quelle energie, senza restituircele o senza trarne alcun beneficio, che non ci fanno capire subito una cosa fondamentale: in questi casi, per noi, l’egoismo è d’obbligo. Prima di tutto, perché egoismo non è. Sì, perché se non possiamo aiutarle (in fondo vogliono l’impossibile, vogliono che qualcun altro risolva i loro problemi), immunizzarci è l’unica chiave.
Dobbiamo dirglielo, lucidamente: guarda che sei così presa/o dai tuoi problemi che vedi solo quelli, li proietti anche su di me, ma che ti piaccia o no io sono altro da te, ho la mia vita, e non hai il diritto d’invaderla, specie se consideriamo che non ne trai alcun giovamento.
E allora, solo allora, potremo salvare l’amicizia, se ci teniamo, o il rapporto di qualsiasi genere che abbiamo intavolato con questa persona, e andare avanti per la nostra strada sapendo che i problemi degli altri non li risolviamo che facendoglieli notare, ammesso che vogliano vederli, e dando loro l’unica cosa che possiamo: la nostra compassione, la consapevolezza che da esseri umani siamo anche fragili e imperfetti, e va bene così.
Basta che questa fragilità e imperfezione non diventino la scusa per star male a vita, a spese altrui.