empty roomVuoto. Sì, è questo che sentiamo, magari. Quando abbiamo perso, o stiamo perdendo, il motivo del nostro tormento.

Quando ci rassegniamo all’ineluttabilità di un cambiamento, e di un cambiamento in meglio. I primi tempi, mentre ci concediamo che questo succeda, non sono piacevoli, non del tutto. C’è questa sensazione nuova che serpeggia, è vero. Ma è come se il senso di vuoto che ci accompagnava prima, vuoto da mancanza di qualcosa (un amore, un lavoro, una condizione esistenziale che avevamo sognato allontanandoci dalla realtà che sola ce la può dare) venisse sostituito da un altro vuoto.

E vuoto per vuoto, ci teniamo quello che conosciamo meglio, no?

No. Perché, se facciamo attenzione, questo che sentiamo ora non è un semplice vuoto.

È, finalmente, lo spazio per le cose. Uno spazio che ci siamo creati col tempo e col lavoro e che ci permette ora d’immagazzinare nuove esperienze, di raccogliere finalmente sentimenti che ci facciano bene.

Quel vuoto di prima non lo era davvero perché ci riempiva, a suo modo: ci invadeva tutto, ci prosciugava energie, ci chiedeva tutto il nostro essere per continuare a esistere. Un vuoto così si coltiva giorno per giorno, delusione per delusione, ricordo amaro per ricordo amaro.

Ora no, ora c’è questo spazio tranquillo che aspetta solo di essere arredato di ciò che abbiamo imparato, finalmente, a cercare, a volere, ad amare: ciò che siamo e le persone con cui vogliamo condividerlo.

Persone che ci amino per quello che siamo, e non per quello che potremmo essere “col loro aiuto”, o per “quello che saremmo se solo fossimo come vogliono loro”.

In questo nostro spazio privato che in realtà è più pubblico di tutti perché lo sappiamo condividere, condividiamo e trasmettiamo gioia, serenità, come prima comunicavamo agli altri le nostre angosce, possiamo sperimentare.

Vedere se i nuovi quadri della situazione si abbinano bene alla tappezzeria delle vecchie idee, e se la risposta è no cambiare qualcosa, continuare a giocare, ad arredarci, finché non troviamo davvero la nostra dimensione, la nostra bellezza.

Finché, per una volta, non ci sentiamo proprio a casa.

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