Flying-Balloons-Girl-by-BanksyVi avverto da mo’: sto per mettere nello stesso post Giordano Bruno e Rob Brezsny. Lo so, il primo, al pensiero, uscirebbe dalla tomba solo per tornare in Campo de’ Fiori con una tanica di benzina e darsi fuoco da solo, stavolta. D’altronde il “collega” Galileo faceva oroscopi (non ci azzeccava manco, peraltro) e io che ci devo fare, se mi hanno ispirato entrambi.

Cominciamo con Rob. Seguendo il link di un suo fan sfegatato, vado sulla pagina d’Internazionale e leggo: “Compiti per tutti. Sai quello che devi fare e quando farlo. Dimostrami che è vero”.

In effetti lo so, cosa devo fare. Ho davanti a me un certo ventaglio di possibilità: titoli di studio da sfruttare o aggiornare, eventi da organizzare con questo o quest’altro collaboratore, una casa che in inverno tornerà a regalarmi 10 gradi come temperatura massima. Ciò che devo fare è risolvere quello che posso e seguire la corrente, una volta create le premesse per farlo. Perché mi sembra vero che, a fondamenta gettate, una giornata, un anno, un’esistenza si costruiscano da sé, come per necessità.

E qui veniamo a Giordaniello di Nola. Dal libro di storia della filosofia che apro ogni tanto becco questa frase: “Per Bruno l’unica vera libertà che hanno gli uomini è quella di accettare il proprio destino”.

Parole grosse!, penso subito. Alla faccia dell’homo faber e del suo nipote yankee, il self-made man.

Però torno al ragionamento di cui sopra, su “ciò che dobbiamo fare” e penso: magari è vero, che dentro di noi abbiamo un seme, un’inclinazione spontanea, se non naturale, dettata dal carattere, dalle esperienze. Che, in modo meno rigoroso e inevitabile del “progetto fisico” che ci portiamo già nel DNA alla nascita, ci andiamo creando un altro tipo di progetto che, se lo seguiamo bene, è il più congeniale, quello che meglio si accorda a noi.

In questo senso, è come se intorno a noi si creassero delle circostanze che, riuscendo a seguirle appieno, farebbero la nostra fortuna. Ma tante volte abbiamo paura di dare il meglio di noi, o non è così semplice: sappiamo che ci converrebbe un lavoro meno remunerato ma più congeniale, e scegliamo l’approvazione sociale, la soddisfazione dei genitori. Sappiamo che vorremmo una relazione più piena, emotivamente, e scegliamo l’affetto ormai tranquillo del partner dei banchi di scuola.

E allora sì che pare che la scelta sia tra osare star bene e continuare per paura a stare a mezza botta. Forse è vero che non ci apriamo sul serio la nostra strada nella vita, ma andiamo un po’ dove ci sbattono le correnti in quel momento.

Ma visto così, non mi sembra una perdita di libertà, anzi. È come se stessimo ingaggiando una gara col vento prima di farcelo alleato, come se dovessimo imparare a cavalcarlo per sviluppare in tutto e per tutto il nostro essere. Ci vuole pazienza, intuizione, e lavoro, perché il miglior vento non funziona se non siamo pronti a saltargli su quando arriva.

Forse il cosiddetto destino non è che questo: il meglio che potremmo essere, se osiamo esserlo.

Non so se sia scritto una volta per tutte, quello che so è che io un’idea di dove mi porti ce l’avrei, e farò di tutto per seguirla.

Spero d’incontrarvi per strada.

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