Mo’ vi racconto una cosa un po’ sdolcinata delle mie.
Comincia con una tragedia: il mio primo latte di soia fatto in casa. Roba che dopo aver messo a cuocere la poltiglia di fagioli di soia e acqua, altrimenti detta Blob, penso bene di fare i dieci minuti di mindfulness, “tanto, prima che bolle…”. Seh, mentre io uccido la posizione del loto, il mostro si sparge per tutti i fornelli, insieme a millemila litrozzi di siero utile.
Prendo la scarsa parte rimanente, l’avvolgo in uno strofinaccio pulito e la “mungo” in una pentola, poi metto a bollire quelle due lacrime di “latte” ricavate. Sì, ma che fare, con la poltiglia rimasta nello strofinaccio? Mica posso riciclarla tutta come pane o crocchette. Esco in balcone, lasciando la pentola sul fuoco.
Ci imbratto un po’ le piante (riempiendomi di spinette di cactus) e il resto lo rovescio sulla ringhiera, a beneficio dei pennuti che mi scagazzano sui panni. La vita è troppo breve per serbare rancore.
Torno in cucina per scoprire che anche quelle due gocce di latte sono ora sparse sui fornelli: fiamma troppo alta.
Risultato di tutta l’operazione: una cucina da esorcismo, aghetti di cactus sulle dita, piante asfissiate e un bicchierino di tofu, improvvisato lì lì con troppo limone come caglio.
In un’ora e mezza di lavoro. Avrò stabilito un nuovo record?
Ovvio che il balcone per me diventa il set di “Non aprite quella porta”: accettare le proprie sconfitte significa non tornare indietro a fare altri danni.
Sì, direte voi, però significa anche assumersi le responsabilità delle cazzate che hai fatto.
Avete vinto. Oggi mi decido ad “aprire quella porta” e… sì, il blob è intatto. Sia sulle piante che sulla ringhiera. Non è stato né assorbito né beccato via. Appena fa un po’ più fresco, mi dico, lo tolgo dappertutto (tranne che dal cactus, che se lo merita).
Ma una volta al pc, mentre combatto l’afa col ventilatore, mi cade lo sguardo sul balcone e mi ritrovo faccia a faccia con una colomba. Che becchetta furtivamente la poltiglia sulla ringhiera, facendosi l’equivalente dell’abbuffata di Ferragosto.
E allora ho pensato: visto? Le cose succedono quando devono succedere. Se getti un seme oggi raccoglierai i frutti domani, o dopodomani. Non sta a te decidere come e quando, non controlli tutto il processo, le reazioni altrui e gli scherzi della sorte (chiedete al cactus). Puoi solo fare il tuo, e vedere che succede.
Quella colomba vivrà un giorno in più perché ho buttato un’ora e mezza della mia vita a fare un grammo di tofu. Almeno un animale l’ho aiutato.
Soprattutto: c’è gente che si produce il suo latte, il suo formaggio.
Io mi produco perfino la cacca che va a planare sui miei panni.
Più naturalista di così.