Sapete che sono il personaggio di un libro? In realtà, avendo amici scrittori che a differenza mia pubblicano, di più di uno. Ma in questo sembro saggia (come si vede che è finzione). Alla protagonista, un’olandese appena arrivata a Barcellona, raccomando: “Fai tutti gli errori che devi il primo mese”.
Ecco, questo, ai tempi del libro, era il mio approccio kamikaze alla vita. Adesso m’introdurrei nella conversazione, sorriderei alla svampitella che ero e griderei alla protagonista: “Ma va’, evita tutti gli errori che devi, fin dal primo giorno“.
Perché ce ne sono un sacco, di persone che appena scese dall’aereo si premurano di trovarsi la casa sbagliata, la compagnia sbagliata, quando va bene il lavoro sbagliato. È incredibile quanto questi errori possano essere evitati in un attimo. In una seconda occhiata all’inquilino dal sorriso falso, nella lettura delle righe piccole, nella decisione fulminea di evitare per un po’ l’aperitivo italiano, se ancora non sai che l’h spagnola è muta.
Spesso un attimo è tutto quanto si frappone tra la decisione giusta e un incredibile spreco di energie.
L’altro giorno un tipo che conoscevo appena, aggiunto a facebook su sua richiesta, ha postato un commento sgradevole a un mio link. Mi avevano avvertito troppo tardi che fosse un manipolatore, avevo anche pensato che uno così, per scegliermi come vittima, dovesse trovarmi in qualche modo adatta al ruolo. Al suo commento avrei potuto rispondere in vari modi, perdendo mezz’ora del mio tempo e facendo il suo gioco. Invece gli ho messo “mi piace” e sono passata appresso. Lo faccio spesso, in queste circostanze. Prendetelo come un abbraccio di Gianni Morandi.
È in realtà il messaggio: “La tua spazzatura non venire a buttarla a casa mia, e se lo fai te la rilancio”. Un po’ come la storiella di Buddha che spiega che, se non accetti un regalo, quello resta al donatore, come le offese che ci rifiutiamo di cogliere.
E a volte è davvero un attimo, in questi casi innocui come in quelli pericolosi sul serio. Prima di arrivare alla saggezza zen di Morandi, infatti, mi sono rovinata la vita per attimi equivalenti.
Per esempio, ho cominciato una relazione assurda perché il tipo in questione (che fino a quel momento mi piaceva, eh, non sono così folata) aveva buttato lì un commento poco lusinghiero su di me. No, non sto raccontando la trama di Orgoglio e Pregiudizio. Non se n’era manco accorto, quello lì, avete presente empatia zero? Ecco, dove c’era un tizio che ne fosse dotato, là c’ero anch’io. In quel momento avrei potuto fare diverse cose. Dire “Sei bello tu” e piantarlo lì in strada. O ridere e rendermi conto che avessi di fronte un infelice, cambiando argomento.
Perché mi sono decisa per la soluzione più logorante, senza manco la prospettiva di diventare la signora di Pemberley?
Perché non ho riconosciuto la classica “tragedia” che potesse essere evitata in un attimo, con una reazione immediata e appropriata. Per arrivare a quella, in effetti, ci vuole molta più preparazione che fare l’opposto, occorre un ingrediente che non si trova ogni giorno: un certo amore per se stessi o, se proprio ci manca, almeno un po’ di rispetto.
Perché, probabilmente, se ci mettiamo in situazioni assurde come queste, dalla lite con l’arrogante di turno alla storia infinita con lo psicopatico, è anche perché ci serve.
In che senso? Come evitarlo? Ci sarebbe da scriverci un romanzo e invece vi ho già stordito di chiacchiere.
Ne parliamo lunedì, va’. Intanto non fate troppi errori!