Baked-potato Ok, so che mi butto la zappa sui piedi e che mi posso attirare molte battute sulla patata che attira, ma spero che si sia tutti d’accordo: come tubero, è semplice e geniale.

E sto per citare due cucine che notoriamente non entusiasmano i miei connazionali: quella inglese e quella catalana (non pervenuta ai più, ma mi baso sulle opinioni scettiche degli expat).

Baked potato, patata al caliu: due modi diversi di designare cose molto simili. Patate lasciate al loro destino. La baked potato viene dimenticata in forno tutto il tempo che serve a renderla morbida e incandescente dentro, per poi essere condita in mille modi diversi (vedi jacket potato). Quella al caliu può richiedere una preparazione un po’ più complicata, ma rimane perlopiù al naturale, con l’aggiunta di sale e dell’olio d’oliva che raramente “irrora” la collega britannica.

Perché vi parlo di patate e condimenti? Be’, ne stavo gustando giusto una razioncina con un collega di master, arrivato a Barcellona da poco, che aveva scelto come tutor per la tesina finale uno che stava ai suoi interessi di studio come una patata al forno sta alla marmellata. L’aveva scelto per paura, perché il prof. era suo connazionale e quindi non gli avrebbe richiesto uno spagnolo impeccabile. Risultato: mesi di lacrime e sangue e incomprensioni, nel corso dei quali l’indice della tesi era stato stravolto per i motivi sbagliati. Seguendo un’intuizione, gli avevo indicato un altro docente, più influente e molto più occupato, ma anche più propenso a prendere in simpatia il giovane guiri appena atterrato. Avevo ragione.

Badate bene, qua non parliamo né di raccomandazioni né di miracoli. Il giovanotto in questione è un talento naturale, tutto ciò che doveva fare era continuare a esserlo e trovare qualcuno che catalizzasse le sue potenzialità, impresa difficile se arrivi in un posto sconosciuto in cui non sai come muoverti. Tutto quello che dovevo fare io, invece, era dargli quelle due dritte consentitemi dai sette anni a contatto con la universitat catalana.

Tutto bene finché non mi trasformo in Lady Macbeth e comunico al mio protetto un piano diabolico: “Devi togliere di mezzo il primo prof.! Metaforicamente, almeno. Devi cambiare ufficialmente di tutor”. E comincio seriamente a ordire complotti e tranelli perché si compia tale destino. M’informo con docenti di altre facoltà, faccio domande in segreteria, confronto precedenti. Tutto inutile, ovviamente: provate voi a cambiare il corso della burocrazia accademica.

Avevo ormai lasciato ogni speranza, quando l’altro giorno mi ha chiamato proprio lo studente conteso. Il ribaltone è avvenuto alle sue spalle e senza colpo ferire: i suoi due prof. si sono incontrati e hanno concordato tutto da soli. La versione ufficiale: per una questione burocratica (!), il prof. scelto da me era più adatto a seguire uno studente di master. Ben mi sta. Una volta avviato il processo, inutile sbattersi, le cose avvengono da sole o non avvengono.

Per festeggiare, siamo andati a mangiarci le patate di cui sopra (lo so, abbiamo scialato). Ma per un equivoco mio i due tipi ordinati, tra cui la versione al caliu, si erano rivelati identici. Cambiavano solo le salsette d’accompagnamento. Ho risposto all’evidente delusione del mio compagno di festeggiamenti facendogli notare:

– Senti, possiamo sbatterci tanto a fare MasterChef ma, che tu ci aggiunga salsa romesco o allioli, questa patata la devi solo mettere in forno e lasciare che diventi squisita per conto suo.

– Come tante altre cose – riflette lui, guardandomi con una punta d’ironia.

Allora ho ripensato al mio sbattimento per cambiargli il tutor. O, tornando per una volta ai fatti miei, agli affanni per cercarmi una casa nuova, finché non ho deciso di aspettare che se ne liberasse una conveniente, come si fa coi parcheggi al centro commerciale.

Meno male che non gli ho scroccato la birra, allo studente felice, se no tra i fumi dell’alcool avrei potuto addirittura convenire che l’esistenza faccia un po’ patata al caliu. Devi solo metterla in forno, azzeccare temperatura e gradi di cottura. E, ok, magari dopo metterci una bella guarnizione.

Lo so, sono operazioni tutt’altro che banali, nella loro apparente semplicità.

Ma, una volta avviate quelle, la “materia prima” fa tutto da sola.

La parte che ci tocca è quella di essere capaci di abbandonare pentoloni e ricette raffinate, quando siamo troppo stanchi per fare i grandi cuochi, e sapercela gustare.

Magari con un pizzico di pepe.

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