chiodo Poi ognuno ha i suoi metodi, diciamo, per uscire dalle crisi. Ma volevo dire questa cosa, sul chiodo scaccia chiodo.

A me ha funzionato in modo strano: mi cacciava da un problema a un altro. Cadevo in nuove braccia sbagliate, che mi avrebbero fatto soffrire come quelle di prima senza mai risolvere il problema di fondo: la mia cecità nello scegliere.

Quindi non posso dire che il ripiego (brutta parola) non risolvesse il problema, che non mettesse fine all’angoscia, al senso di perdita: ma alla lunga lo rimpiazzava con altra angoscia e altre perdite, toglieva i sintomi del male senza curarlo fino in fondo.

Poi so che a volte, a botta di culo, a un mese da un addio pesante troviamo la persona della nostra vita (ammesso che esista), a qualcuno capita.

Dico solo quello che succedeva a me: cambiare di braccia, senza cambiare di testa.

Per questo, per un anno, quasi facevo capa e muro all’amica catalanoandalusa che si era presa una laurea in psicologia e una specializzazione in analisi junghiana solo per snocciolarmi la seguente, profonda ricetta: “Un clavo saca otro clavo!”.

Ora quell’amica potrebbe venire da me e dirmi: visto, che ti dicevo?

Eh, no, tesoro. Facile chiamare chiodo scaccia chiodo una storia che comincia a lutto ormai elaborato, dopo un anno a buttare il sangue, magari. Una storia in cui l’altra persona è davvero la benvenuta e non ci serve a niente, non ci fa da tappabuchi, non ci colma il vuoto lasciato da altri, già pronti ad aleggiare tra noi come fantasmi chissà per quanto tempo.

Perché una cosa è buttarsi tra le braccia di qualcuno mentre siamo nel pieno del dolore da perdita, proprio perché non ce la facciamo più, e un’altra è prendere quel dolore, ascoltare quello che ha da dirci (che, si diceva, il dolore è un ambasciatore che non porta pena), e cominciare un’esistenza in cui i suoi insegnamenti siano un pilastro, magari, ma mai l’unica ragione. Una vita fondata su un lutto vi piacerebbe?

E allora, piuttosto che pulirsi le ferite sulla pelle di qualcun altro, scopriamo quanto sia bello, dopo il tempo che ci vuole, essere capaci di aprirci a un nuovo amore senza nessuna fretta o nessun vuoto da colmare, solo col piacere di esplorare, conoscere questa nuova persona che si affaccia nella nostra vita, e che magari, finalmente, ha la buona creanza di bussare senza sfondare la porta.

Magari per allora avremo imparato che nelle vite altrui si bussa e piano, non si dettano leggi, per poi abbandonare il campo.

Solo quando avremo imparato tutto questo, mi sa, potremo finalmente dire avanti.

In tutti i sensi.

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