Sono contenta di aver trovato una persona gentile, che pensi davvero a me.
A chi non l’ha fatto non guardo rancore (o non sempre!), so anche che, in un certo senso, me li sono scelti apposta.
Ma che bello, davvero. Quando è così, che si è sinceri l’uno con l’altra, ci si preoccupa per l’altra persona senza annullarsi per lei, anche quando noi o lei abbiamo da fare, non ci si stancherebbe mai di ripetere: quello che cambia siamo noi. La botta di culo viene, ma dobbiamo aprirci ad accoglierla. A vederla, anche.
“Ma tu sei giovane e bella”, mi è stato detto (incredibile ma vero!) da quasi-coetanei peraltro attraenti, “ovvio che a te capita più facile che a me”.
Non so, davvero. Quello che noto, quando per motivi vari devo rivedere certi ex o certi circoli di amici, è che quello che è sparito in me è l’autoreferenzialità. Io avevo la peggiore, quella vestita da altruismo. Quella che mi portava a fare la salvatrice del mondo per non guardare i miei problemi e per sentirmi buona a qualcosa.
Quindi, se non c’era nessuno da salvare, per me non c’era neanche amore.
Se nessuno m’interessava doveva almeno interessarsi qualcuno a me, per quanto fossi brava a capirlo, amarlo, venire incontro alle sue esigenze. Il fatto che non ricambiasse era solo una sfida.
Questo è cambiato. E ve l’ho già spiegato. Quello che vorrei ribadire qua è che, man mano che vi sentite a più a vostro agio con voi stessi, vi verrà spontaneo cambiare i meccanismi con cui interagite con gli altri.
Gli amici che si affidano totalmente a voi come dei bambini che non cresceranno mai vi comunicheranno sempre più fatica e meno appagamento nell’operazione di soccorrerli, e forse così il rapporto diventerà qualcosa di autentico, invece che un mutuo soccorso. Una cosa tipo, ti stimo e ti apprezzo anche se non mi “servi” a star meglio. Da entrambi i lati.
Le cose vanno così: man mano che ci curiamo noi, nel nostro piccolo curiamo un po’ anche gli altri.
E per una volta più con l’esempio che a parole.
Come ci si cura? Con l’attenzione.
Ne riparliamo presto.