heygirl  Avete presente la situazione? Una tesina da consegnare proprio entro la domenica del trasloco.

Nel mio caso ci si era messo pure un evento con l’associazione, quindi l’ho spedita via mail il venerdì notte, dopo il lavoro (smontavo alle 21).

Apprendevo due settimane dopo, nel WhatsApp di noi “masterizzandi”, che il prof avesse lanciato un ultimatum per chi non avesse ancora consegnato.

DUE SETTIMANE DOPO, ragazzi. Nonostante fossimo già alla seconda proroga.

Ci credereste? Si lamentavano.

Criticavano la preparazione dell’insegnante (che è convinto d’insegnare male e non fa molto per dimostrarsi il contrario) e c’era qualche allusione scherzosa alle sue origini italiane.

Ieri sono usciti i voti. L’ho appreso che andavo al lavoro e non ho potuto controllare subito il mio. Mi sono letta però qualcosa come 50 WhatsApp di critiche al docente, “perché aveva penalizzato chi consegnasse in ritardo”. Si davano ragione tra di loro (“questo preferisce la velocità all’accuratezza?”) e tutti insieme sfottevano lui, con una gara a chi facesse la battuta più salace.

Io adoro questi momenti di sospensione del giudizio, perché sono rivelatori.

Mi ricordano la tanto vituperata Chiara Gamberale ne Le luci nelle case degli altri, quando una madre consola suo figlio, un futuro fallito, per aver preso un brutto voto a scuola (perché incompreso, ovviamente). Cioè, mi pare così evidente questa rimozione di responsabilità: la colpa è sempre del prof. O del tuo zelo che ti porta ad approfondire troppo, invece che attenerti alle aride scadenze accademiche. Non è mai colpa tua.

E preciso  che un voto basso o una mancata consegna non sono la fine del mondo. Se la prossima volta mando affanculo tesina e prof ed esco a bermi una birra in calle Blai, l’unico problema è che non bevo (ubriaca sono uno spettacolo). L’importante è che mi assuma le mie responsabilità, che sia consapevole della mia scelta.

Mi sembra grave, invece, avere sempre una storiella pronta che ci racconti quanto siamo stati impeccabili noi e quanto avversa si sia rivelata la sorte. Poveretti che siamo.

Finché è una stupida questione di voti, ok. Ma se dobbiamo mantenere un lavoro, una relazione, risolvere una disputa da cui dipenda l’equilibrio familiare? Con questo meccanismo non risolveremmo il problema: ci convinceremmo solo che noi non c’entriamo niente. E una consolazione non è una soluzione, in nessun universo parallelo.

Ma capisco che autoingannarsi serve, ci dà il vantaggio di uscircene sempre con l’autostima intatta, a costo di non risolvere mai il problema. Non rischiamo mai di metterci in gioco, e neanche di prendere il massimo dei voti.

Halle-Berry-Oscar A proposito (immaginatemi con un lungo vestito nero e una statuetta in mano con la sagoma del professore), questo risultato volevo dedicarlo a voi.

A voi che avete ancora il buonsenso di capire che la vostra vita non la scandisce la Fata Turchina, ma quello che a fine giornata siete riusciti a portare a casa.

E a voi che ci state arrivando.

Perché anche voi cominciate a intuirlo: che sia buono o cattivo, che dipenda interamente da voi o solo in parte, quello che portate a casa a fine giornata è tutto vostro.

 

 

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