L'immagine può contenere: 1 persona, persona seduta  A proposito delle nostre insanabili divergenze, il mio ex pakistano mi regalò una grande perla nel suo spagnolo creativo: “No es problemo. Problemo es niño sin pierna”. I veri problemi, dunque, sono altri: un bambino senza una gamba, per esempio. Perché si sa, l’amore vince su tutto. Sulle origini, la lingua parlata, il ceto sociale. Su tutto.

Tranne che sul frigorifero.

Aprendo il mio tre mesi dopo la sua massima filosofica, il signor “no problemo” sbraitava: “Cerveza! Jamón!”. Sì, gli risposi. Ho della birra e del prosciutto. E saranno lì finché non deciderò io. D’altronde gli avevo garantito che alla circoncisione del figlio che voleva da me sarebbe stata invitata anche la polizia: mammà, come massima imposizione di fede, gli avrebbe tutt’al più messo addosso la tutina del Napoli. Non è un problemo, vero?

Sei anni dopo, il mio ragazzo è andato alla manifestazione indipendentista dell’11 settembre  (un braccio separato da quella principale), e io sono rimasta a casa a sferruzzare. Poi ho fatto cyclette. Poi ho letto Tolstoj. Dall’ipad (qualche problemo?). È che lui mi ha fregato: dall’Italia è arrivato solo anarchico, poi è diventato anche “indepe”. Forte delle lezioni ricevute con l’ex di cui sopra, avevo evitato a priori ragazzi pur interessanti con una certa fede politica, perché sapevo che prima o poi le farfalle nello stomaco si sarebbero bruciate alla luce della llibertat.

Quando non condividi una parte così importante della vita del tuo compagno, ci vuole una bella dose di rispetto e sicurezza di sé per andare avanti.

Nel caso mio e dell’indepe, il primo c’è tutto: capisco perfettamente le buone intenzioni di chi, di fronte a una monarchia governata dal PP, aspira a un esperimento politico che porti la giustizia almeno nella propria terra d’origine, o d’adozione. La seconda, purtroppo, mi suggerisce inevitabilmente che questa nuova entità politica avrà poco da invidiare all’altra, quanto a ingiustizie. Tanto vale lavorare con quello che si ha.

Ma so che c’è gente che ha lasciato l’Italia in nome di un amore romantico che vincesse tutto, e adesso si trova in difficoltà davanti a questo e altri scogli. È che non ci siamo nati, con certe fedi, difficile farcele venire. C’è chi si converte per reale convinzione, chi lo fa per quieto vivere, per integrarsi. Spero sempre che i primi superino i secondi.

Una cosa dovremmo invece superare tutti: questa visione romantica dell’amore che trionfa. Quando ci pensiamo, perdiamo sempre di vista le infinite lotte, o meglio le fatiche quotidiane, dietro a questo trionfo. Che spesso rischia di diventare una vittoria di Pirro: un sacrificare le proprie idee all’inerzia dei giorni insieme. O un convincersi di quello che fa più comodo credere per non sentirsi più stranieri, esclusi, messi da parte.

Il mio lavoro a maglia vuole essere una gonna. Di solito le faccio a uncinetto, ai ferri è una nuova sfida.

Lo so, ci sono sfide più esaltanti, nella vita.

Ma le più importanti sono quelle che ci interessano davvero.

 

 

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