Stamattina mi ha svegliato… No, non il silenzio, come a Marcovaldo, ma il trapano. Alle 8.20. Domani sveglia alle 6.45, che vado a insegnare fuori città. Oggi invece toccava il trapano, per gli eterni lavori nella palazzina dove sto in affitto.
Il mio pigiama di pile era umidiccio, e allora l’ho steso un po’ fuori alla finestra, sui fili più lontani dai piccioni: a lavarli ogni due giorni, i pigiami si restringono, e i miei già starebbero stretti a Memole. Intanto i fagioli sul fuoco cominciavano a borbottare all’unisono coi termosifoni, che per un’agghiacciante decina di minuti non sembravano disposti ad accendersi. Bastava cambiare le pile alla centralina del termostato (ed è subito Jackal).
Solo dopo aver fatto tutto questo mi sono potuta sedere al pc a scrivere ‘sta palla di post, anche se ogni tanto mi devo alzare a girare i fagioli.
Lo so, faccio una vita noiosa, triviale, volgarotta nelle sue manifestazioni quotidiane. Però mi piace. Mentre stendevo il pigiama c’era un solicello che mi faceva perdonare sia gli otto gradi su Montjuïc, che le piantine già pronte a darmi oggi la mia allergia quotidiana. Il rosmarino che ho messo nei fagioli sta diffondendo un discreto aroma, piacevole quanto il tepore lasciato da quest’oretta quotidiana di termosifoni che rende abitabile la casa.
Me l’aspettavo così, la mia vita, da piccola? La sognavo così quando mi rivestivo di asciugamani per simulare il mio matrimonio? O la comunione, che per me era lo stesso. Ricordo anche quando ho scandalizzato le compagne di classe, in terza elementare, dichiarando che i figli li avrei voluti fare “da vecchia”. Diciamo a 25 anni.
Certo che non me l’immaginavo così. Ma la parte più complicata di tutto il gioco sono sempre le aspettative che ci siamo fatti in altre epoche, e che possiamo evitare alle nostre bambine, ai nostri bambini.
Peraltro quelle erano epoche ottimiste. La Famiglia del Mulino Bianco ci diceva che convivere sotto un tetto era facile, la signorina Boccasana doveva fare un lavoro proprio figo, ai suoi vent’anni scarsi, e sotto sotto pensavamo tutti che things can only get better.
E invece si dimenticavano di comunicarci che non è vero che si può solo migliorare. È possibile che una generazione possa essere più precaria di quella che l’ha preceduta. Viziata? A volte. Bambocciona? Argomentazione sopravvalutata. Precaria sì, quello è un fatto.
E poi c’era la trappola di sempre, quella che consiste nel non dire. O nel dire solo quello che basti a credere nella favola borghese, e a spendere soldi per realizzarla.
I più viziati di noi l’hanno scoperto solo andandosene di casa, che i letti non si rifanno da soli. Il fatto che provvedesse nostra madre, o una donna meno abbiente che le risparmiasse quel lavoro, non significa che sia uno scherzo spostare un materasso, specie quello di un matrimoniale. Così come è un casino stare dietro alle bollette, quando si ha la sacrosanta fortuna, per nulla scontata, di poterle pagare.
Ma no, noi educhiamo i nostri bambini a essere supereroi e principesse, in un mondo in cui la colazione si prepara da sola, i fagioli precotti sono delicatessen e, per dirne un’altra, è un vero piacere sacrificare la propria carriera alla maternità. Strano che gli uomini non vogliano fare altrettanto, sarà l’ “istinto materno” o la constatazione che, guadagnando generalmente di più, non se lo possano permettere.
Forse, se ci insegnassero a prevedere il pigiama sudato, i tempi di cottura dei fagioli, i lavori precari che dovremo sobbarcarci perché i termosifoni si accendano, potremmo goderci meglio il sole, il profumo di rosmarino, e la gioia che sono convinta possa regalare crescere un altro essere umano. Specie se lo cresciamo più consapevole e preparato a diventare una persona felice, invece che un altro illuso.
E ora scusatemi, devo girare i fagioli sul fuoco.