
La mia nuova strada, da shbarcelona.com
Voi che state impazzendo con L’amica geniale, avete presente quando un capitolo è proprio finito? Una fase della nostra vita, dico: una casa, una relazione, un lavoro. Ebbene, se siamo proprio onesti con noi stessi, la consapevolezza supera la nostalgia e possiamo dedicarci a… girare pagina.
Per esempio: io so che novembre è uno di quei mesi che non finiscono mai, o così sembra. Per me – riassunto delle puntate precedenti – è stato il primo mese a casa nuova, segnato da un trasloco a dir poco difficile, tre allagamenti, Abdul, spaventose tasse da pagare e nuove contese legali, intanto che organizzavo le presentazioni del libro e mi adattavo, dopo dieci anni, a tornare nel Gotico. Che, diciamocelo, non è un quartiere per vecchi. Quando esco di casa, come nei film horror mi affretto a svoltare verso sinistra – via Laietana, Palau de la Música… – e mi dico: “Non voltarti, non voltarti…”. Se no temo di finire in bocca al Leviatano turistico del Portal de l’Àngel.
Ma non mi manca, il vecchio quartiere. È sempre lì a offrirmi le stesse passeggiate di quando sognavo di viverci, ma temevo di non potere per problemi logistici o di soldi. Si sono poi risolti, come spesso accade quando abbandoniamo ogni pretesa che l’unica soluzione sia quella che avevamo trovato noi.
Nel quiz domenicale che ormai diserto da un po’, l’organizzatore inglese, che è riuscito a campare dieci anni senza imparare le lingue locali, giustifica i suoi improbabili rebus con l’espressione: “Think out of the box!”. Letteralmente: “Pensate fuori dalla scatola”.
È la miglior immagine dei famosi nove punti di Watzlawick, e dei problemi in generale: la… scatola è piena di cianfrusaglie, ma di soluzioni se ne trovano poche.
Invece, la cosa che più detestavo di casa nuova, la posizione geografica, si sta rivelando il suo punto di forza: in dieci minuti sto reggendo bacchette ad Arc de Triomf, e in cinque sostengo il cinema Maldà, soffocato dal turismo di cui sopra.
A volte dobbiamo rassegnarci in allegria al fatto che, nella scatola gigante in cui ci eravamo ficcati per sentirci al sicuro, non c’è più posto per noi.
Fuori, però, c’è tutto il resto.
La frase sui problemi che “si sono risolti, come spesso accade quando abbandoniamo ogni pretesa che la soluzione sia una, e una sola: quella che abbiamo trovato noi”, oggi mi è molto di conforto. Grazie!
Ahah meno male che l’hai letta prima che la modificassi! Ma il senso è quello, cercavo solo di semplificarla. Grazie a te! È un argomento che trovi spesso nei miei post del 2014, presa com’ero dall’urgenza di capire che le cose succedono. Magari non come credevamo, ma succedono.
La verità penso che spesso ci fissiamo con delle aspettative inutili. Ci aggrappiamo così tanto alle nostre aspettative che diventano delle vere e proprie trappole. Magari succede qualcosa, anche di migliore ma se non è quello che ci aspettavamo, ecco il disastro.
Per quanto possibile, dovremmo sempre cercare di evitare di basare il nostro futuro su delle aspettative pre-impostate.
Vero. Che è diverso da sapere cosa vogliamo, e provare a ottenerlo.