
Rara foto d’epoca con la Morte Bianca (indovinate qual è)
Sembra sardo ma non è… Sì, lo so, ci ho un’età per parafrasare Pollon, ma volevo che sapeste che anche io so.
So che nel mondo esiste la parola “sisu”, ed è finlandese.
E so anche che il mio amico David è un paraculo: pensate un po’, il poveretto aveva fatto il dottorato con me, stessa tutor catalana. Mi vedeva pure come una rivale, una che gli avrebbe fregato la cattedra. Per fortuna o purtroppo, ci siamo accorti presto che non c’era più nessuna cattedra da fregare.
Io ho lasciato ogni speranza per il primo lavoro di ufficio che mi garantisse un duecento euro mensili in più rispetto alla borsa di dottorato. Lui, invece, ha resistito quei dieci anni in più, o quasi. Poi, quando ha visto che a trentasette anni, in dipartimento, gli toccava ancora fare ‘o guaglione d’ ‘o bar, si è inventato un mestiere. Sì, non c’è niente di nuovo nel portare gente in giro a illustrare i luoghi della Guerra civile, o dell’anarchismo catalano, ma farlo con un dottorato in Storia e una faccia tosta da giovane spigliato rende il tutto molto più interessante. Per non parlare delle conferenze: ne do una anche io a maggio! I centri culturali ti chiamano, pagano cento euro o anche di più per un’oretta di discorso su un periodo storico, o su un fenomeno letterario non proprio recente.
A un certo punto lui si sentiva felice di arrivare ai 900 euro al mese, con queste cosette: il che la dice lunga sulle aspettative della nostra generazione, e sul ruolo che occupa la cultura nel contesto in cui viviamo.
Ma la cosa più carina la fa una volta al mese, quando su MeetUp annuncia una conferenzina al Cafè de l’Òpera, bar storico di fronte al Liceu, sulla Rambla, e ci parla di qualcosa d’insolito, qualche argomento storico particolarmente circoscritto. Un computer attaccato a uno schermo gigante, dieci euro a testa, e passa la paura. Il pubblico è composto perlopiù da giovani che si dilettano di storia (ma hanno un lavoro con uno stipendio) e da gente di mezza età, specie signore che la domenica preferiscono la cultura alla paella. Con la fortuna che mi ritrovo, ogni volta che ci sono io non manca mai l’ex del conferenziere che fa l’improvvisata – e decide che sono la nuova fiamma, dunque mi odia. Oppure, novità di ieri, l’attuale fiamma, che parte a breve per l’altro lato del mondo: allora è stato lui ad allontanarmi in fretta, consapevole che il comune denominatore delle sue donne è schifare me come potenziale minaccia. Mistero della fede.
Tutto questo per dirvi che ieri si è superato con questa conferenza che di per sé non sembrava poi così allettante: parlava del conflitto tra Russia e Finlandia, e di un cecchino finlandese chiamato La morte bianca. Ero andata più con la voglia di rivedere David – tipa del giorno permettendo – che di sentire la conferenza, e invece lui ha esordito con:
“Vi chiederete come mai abbia scelto un argomento così desueto. Beh, perché sono alto un metro e cinquantanove [secondo me, pure qualcosa in meno, ma ssst, n.d.R.]. Questo è un particolare che ti condiziona la vita, specie da adolescente [comunque per me è caruccio, ma non dite alla tizia di ieri che lo penso, n.d.R.]. Allora mi sono messo a vedere prima i bassetti illustri a me contemporanei, e ho scoperto Muggsy Bogues; poi sono diventato storico, e la mia ricerca si è estesa all’intera storia dell’umanità”.
Ora, già ridevamo con le prime immagini del Power Point, col buon Muggsy che s’infilava tra le gambe di giocatori che sembravano doppiarlo in altezza, ma abbiamo scoperto che Napoleone alla fine era un metro e sessantanove, che non era malaccio per l’epoca (a meno che non avesse corrotto ad hoc il medico che aveva preso la misurazione…) e pure Hitler, col suo metro e settantacinque, non era poi ‘sto nanetto – anche se come modello di riferimento convenivamo un po’ tutti che insomma…
Alla fine, ha concluso David, the winner is… Simo “Simuna” Häyhä, per gli amici “La morte bianca“. Cecchino della disperata resistenza finlandese contro l’invasione russa del 1939, questo signore sul metro e cinquantadue ci ha portati in un mondo di sciatori letali (paese che vai, guerriglia che trovi), cocktail molotov, e dittatori sovietici che si bombardavano le città da soli per avere il casus belli (ma sostenevano che le bombe fossero pagnotte, da qui lo scherzo sui cocktail). Senza che vi ripeta a memoria i numeri (ricordo trentadue carri armati contro le migliaia sovietiche), le forze tra Finlandia e Russia erano davvero impari.
“I finlandesi, però” ha precisato subito David “sulle divise dell’esercito avevano cucito il nome Sisu”.
Che sarebbe una di quelle parole intraducibili tipo quella danese sui piccoli piaceri della vita, ma che indica una resistenza alle avversità, unita alla capacità di guardare il quadro generale per superare meglio il problema… Oh, ma che vi sto a spiegare se è intraducibile?
Comunque grazie a ‘sta Sisu e a una serie di vantaggi più prosaici – chi di terra bruciata ferisce… – la Finlandia riuscì a non essere spazzata via del tutto dal mostro sovietico, e il resto lo racconta Sofi Oksanen in questo romanzo, che vi consiglio.
Il nostro bassetto tiratore si metteva perfino la neve in bocca a quaranta sotto zero, pur di non far vedere ai nemici la nuvoletta di fumo che esalava appostato, in attesa del momento giusto. Chiamatela dedizione al lavoro.
Alla fine, uno con la divisa di un altro colore riuscì a squadernargli la faccia, e lo mandò in un coma da cui si riebbe il giorno del trattato di pace tra Finlandia e Russia. Però rimase per tutta la vita un eroe nazionale, celebrato nei tanti musei che, giurava una signora del pubblico, si potevano visitare in Finlandia.
“Insomma” ha concluso David “i miracoli lì non erano possibili, Davide e Golia gli facevano un baffo a questi. Però, se pensate a cos’abbia fatto la Finlandia nelle circostanze in cui si trovava, capirete anche che, diavolo, non le si può dire proprio nulla. L’insegnamento di questa storia è: non sfidate mai un bassetto, che potreste pentirvene!”.
L’ultima immagine della presentazione era proprio dedicata la parola sisu, nella sua definizione spagnola più accurata.
A quel punto, il Nostro ha confessato che in realtà voleva impostare tutta la conferenzina su quel termine, e venderla così alle aziende affamate di eventi stile TED Talks, in cui investire budget gonfiati ad arte per “motivare” i dipendenti.
Ecco, io credo che questo sia l’esempio più lampante di sisu: quello che si deve inventare un compagno di università che credeva davvero di finire in cattedra, come tanti della nostra generazione, e si ritrova invece a parlare di cecchini finlandesi tra gli stucchi del Cafè de l’Òpera. E ci si diverte pure.
Poi dice che la Finlandia è avanti.