Cheri Con la tendenza a denigrarci che chiamiamo autoironia, a volte noi donne mettiamo le mani avanti sulle cose di cui saremmo sprovviste, o che contravverrebbero a certi standard sociali: ho assistito spesso a gare, tra ex sessantottine o giovani ribelli, a chi cucina più da schifo, a chi capisce di meno di lavori a uncinetto, a chi sembra più un clown quando per truccarsi va al di là del trio correttore-mascara-burro di cacao.

Non dimentichiamoci degli autosfottò fisici, di cui sono stata una fiera esponente nella terra in cui Giorgia Surina e Natasha Stefanenko venivano chiamate “piatte” dai vari Bertolino e Salemme (la prima rispondeva con un divertito: “Che ne sai, scusa?”), e Le Iene dedicavano un servizio intero alle tette (per i loro standard non pervenute) della splendida Cortellesi. Perfino Victoria Cabello si sentiva in dovere di spiegare a Halle Berry di non avere tette né culo, e ironizzava poi con Claudia Pandolfi sulle forme di quest’ultima.

Nel mio caso l’autosfottò più recente era, vi avverto, di dubbio gusto: “Ho irriducibili tendenze pedofile”. Lo dicevo perché non capivo il fascino dell’uomo maturo (sostenevo che, a parità di sindrome di Peter Pan tra ventenni e trentenni, tanto valeva…) e soprattutto perché, in un paio d’occasioni, ero stata maggiore di sei oppure otto anni rispetto al compagno di turno (ma anche due anni scarsi venivano considerati una differenza inaudita). Anzi, mi è stato detto, magari da amici che avevano oltre cinque anni in più rispetto alla (magari cornutissima) fidanzata, che “non mi toglievo proprio il vizietto”. I casi della mia vita in cui ero molto più giovane io erano liquidati in fretta come normale amministrazione, che si trattasse di me ventottenne che finivo con uno di trentaquattro, oppure di un primo, sconcertante combo io quindici anni-lui ventuno. “Ma sei già donna”, avrebbe cantato uno all’epoca. Lasciamo stare, va’.

Intendiamoci, anche sulle differenze d’età che andassero “nel verso giusto” (cioè, lei più giovane) si organizzavano letteralmente degli charivari fin dal Medioevo. Tuttavia, la situazione opposta è stata spesso oggetto di burle boccaccesche (anche qui, l’aggettivo è piuttosto letterale). C’è il risvolto inedito del discorso milf, che prevede per le “donne mature” (?) di restare in auge e perfino di esercitare privilegi neocoloniali, se si limitano ai piaceri della carne. Per dire, un’amica di quarantatré anni è stata informata su Tinder, da un tipo la cui età mi è ignota, che era troppo vecchia per una relazione con lui. Tuttavia, se le andava bene una scopamicizia

Allora mi chiedo se il fascino dell’uomo maturo non sia più che altro una strategia di sopravvivenza, e per una volta mi metto nei panni di un soggetto del genere. Proviamo? Proviamo.

Sono un uomo di cinquant’anni. Ho raggiunto un minimo d’indipendenza economica, per niente scontata di questi tempi, e dopo decenni passati a ribellarmi all’idea borghese di “mettere la testa a posto” decido in tutta legittimità, con il disincanto che mi concede l’esperienza, di farmi una famiglia: una moderna, ovvio. Fortuna che il capello sale e pepe attira, no? Mi sono trovato una trentenne “seria”, laureata, che di questi tempi guadagna meno di me, ma qualche soldo lo tira su: è anche ingiusto che il suo mestiere venga considerato meno prestigioso del mio! Però oh, è capitato, anzi, peccato per quella chirurga con la passione per l’arte rinascimentale: ma non aveva mai tempo per me, poi dice che i “medici donna” si sposano solo con altri medici. Certo, qualcuno per strada ci guarda, quando giro con mia moglie (intanto mi sono sposato!), ma i miei amici mi hanno dato pacche sulle spalle e strizzato l’occhio: poveretti, quelli pagano un mutuo trentennale da quasi vent’anni, e le loro mogli, con tutto l’affetto eh, se ne cadono a pezzi! A volte pretendiamo troppo dalle donne, lo ammetto: ma non ho fatto meglio io ad aspettare il momento giusto?

Ok, ora  sono papà. Un bambino all’asilo mi ha preso per il nonno di mio figlio, ma ormai il mio caso non è così isolato, no? E poi sono un padre modello: cambio pannolini, resto col pupo quando non ho incombenze importanti… Vorrei fare anche di più, ma è mia moglie a dirmi che sono un caso disperato con le pappe e lo zainetto dell’asilo: allora cosa vuoi, tesoro, arrangiati! Io ai fornelli me la cavo più con un risotto gourmet che con pasta al sugo e frittatina: che barba! Fortuna che la mia esperienza con le donne mi rende un amante speciale: mi mantengo in forma in palestra, quindi energie e durata non mi mancano. Che i ventenni imparassero qualcosa da me! Capisco le femministe oggi, anzi era ora che smettessero di fare tutte le principessine in cerca di marito: ma per fortuna non siamo tutti dei mostri, e poi le donne a volte sono le peggiori nemiche di sé stesse, a scegliersi sempre degli stronzi. Se anche dovessimo divorziare, comunque, mia moglie lavora, non è giusto che le passi chissà che cosa: mica siamo nel Medioevo? E poi gliel’ho pure detto, a suo tempo: se vuoi per i bambini aspettiamo la tua promozione, ma lei aveva fretta, sapete, l’orologio biologico… Ancora non ha imparato a prendersi le cose con lentezza, come me.

Ok, rieccomi. Una donna che si avvicina ai quaranta (per calcolare cosa sarei a cinquanta rispetto a un uomo, forse dovrei basarmi sulla differenza d’età tra umani e felini: miao!). A causa del femminismo e della filosofia vegana non tanto mi trovo coi coetanei, figurarsi con gente cresciuta in epoche precedenti alla mia. A volte in famiglia mi si accusa di scarsa flessibilità, e hanno ragione: non afferro il concetto di vivere una vita che non voglio per ottenere qualcosa che, in fondo, non mi serve. A volte incappo in tipi assurdamente più giovani, anche se all’inizio li prendo per coetanei: ben due, sei, otto anni! (Calcolare di nuovo in termini di età felina.) All’inizio il fidanzato in questione è addirittura entusiasta: che bello, una storia adulta! E sì, dai, mi dice, non ci avevo mai pensato ma sforniamo un figlio. La convivenza, in una situazione diversa dal contesto d’appartenenza, può diventare quasi un incidente, qualcosa che succede senza troppo clamore perché lui è rimasto senza stanza. O magari reagite al “no coppie no animali” degli annunci immobiliari investendo nell’affitto di un monolocale. Solo che la vita di coppia in cinquanta metri quadri lascia ben poco agli afflati delle origini, e non tutte le coppie etero cis (sulle altre non posso pronunciarmi) resistono alla prova del tubetto di dentifricio spremuto male. Intanto il compagno vede che il lavoro scarseggia, considera la possibilità di trasferirsi (ma con o senza te?) e comincia a nicchiare: i bambini di cui era entusiasta diventano una cosa da rimandare. Non glieli vorrai mica imporre, eh? Gli fai notare che a un certo punto sembrava lui quello che li volesse tanto. O almeno considerava seriamente la cosa, e che ora che ha cambiato idea, a pensarci bene, anche lui sta imponendo di non aver figli a te, che hai il vizietto (questo sì) di prendere addirittura sul serio le cose che ti dice. “Ma quando ti ho detto quelle cose, le pensavo!” diventa un lemma da appendersi nella nuova cameretta da single: sì, perché intanto lui o ti lascia o non si prende neanche il disturbo di farlo. Si allontana a poco a poco: viaggio di lavoro, visita a un amico, vacanze separate… A distanza di sicurezza, magari, ti avverte che non è più sicuro della storia.

A questo punto, che fai? Ti fai piacere a tutti i costi il cinquantenne di cui sopra? Che non è detto che sia tanto più maturo o propenso a un impegno reale, oppure può dare per scontato che il lavoro di cura toccherà a te: si sa, “le madri di oggi sono così egoiste a pretendere di avere una vita, prendi la mia che ci ha cresciuti in tre senza fiatare” (scatta la spiegazione del concetto di trauma silenzioso, ma lui magari dice che “siete le solite esagerate”).

Io, a questo punto, rinuncio, e considero le mie circostanze personali: purtroppo fino a trentatré anni circa avevo problemi psicologici da risolvere, manco tanto irrilevanti (diciamo che per ammissione generale non è una battuta, se vi dico che “Dovreste vedere certi miei ex”). Per fortuna sto benone da sola, rispetto a coetanee economicamente indipendenti come me, che però rimangono ancorate alla dipendenza affettiva in cui sono cresciute (vi abbraccio, ragazze!). La guarigione dai problemi psicologici mi aveva fatto gasare sull’idea di avere dei figli, ma purtroppo la fertilità, nonostante qualche esagerazione nei calcoli, scende intorno ai trentasei: nel mio caso è anche più bassa, in una clinica mi hanno detto che a quarantuno non avrei speranze neanche con l’inseminazione artificiale.

E vabbe’, è andata così. A livello personale, almeno, decido che baratterò lo stato di beatitudine in cui verso da sola unicamente con una situazione di stabilità, in cui eventuali figli siano parte del quadro: quando sai cosa vuoi, gli eterni indecisi vengono a noia sia in amicizia che in amore. A quanto pare potrei anche adottare come madre single, e in tempi non… felini, se comincio a fare la domanda da mo’. Mi sto informando. Di congelare e scongelare, francamente, non ne ho mezza.

Ma, si diceva, ci salviamo solo insieme. Quindi che fare per le donne che a quarantatré anni si vedono dire, come la mia amica con il tipo su Tinder, che vanno bene solo come buco?

Beh, avrei diverse proposte: una passa per l’indipendenza economica, e politiche che la favoriscano senza contentini. Non dare per scontato che il  breadwinner sia l’uomo, prendersi gli spazi del potere anche senza permesso.

Fermi restando i distinguo intersezionali, non è sano che si dipenda da una categoria sociale più avvantaggiata di noi: ancora una volta, preciso incredula di doverlo stare a spiegare, non è questione di “tutti” gli uomini, ma della maggiore possibilità che hanno gli uomini di fare quello che gli pare. Sempre incredula, ricordo che non si tratta di sentirsi in colpa, ma di non abusare di questo privilegio, come io, da donna bianca di classe media, provo a non abusare dei miei.

Quanto alla maternità, ci ho pensato e sono in conflitto con una certa filosofia vegana di adottare o niente, che non sposo in tutto e per tutto: comunque la si pensi, credo che proprio la gravidanza, che salvo miracoli “di proporzioni bibliche” dipende per forza di cose da un intervento maschile, debba essere garantita a prescindere da quest’ultimo. Magari migliorando l’accesso sia alle risorse per diventare madri, che, soprattutto, a quelle che tutelano il lavoro di cura.

Non fraintendetemi: è meraviglioso che si trovi una maniera di costituire una famiglia del Mulino Bianco i cui componenti si trattino con equità (un’equità che passa anche per la libertà di entrambi i genitori di dedicarsi solo al lavoro di cura, se si vuole). Ma, se ciò non dovesse verificarsi, vedreste bene quale elemento di una coppia etero, a parità di classe sociale e origine, si troverebbe in posizione svantaggiata: che diventi dunque una scelta reale, e meno una costrizione resa tale dalle condizioni sociali e dall’economia.

Quest’è. Anzi, no: un ultimo appunto. Ex professoresse di dottorato e scrittrici col Nobel mi giurano che a una certa età si diventa invisibili: dunque io, che mi avvicino a grandi passi a quest’età, mi sono ritrovata a pensare a loro sabato sera, mentre un sessantenne, in strada, spiegava all’amica “troppo vecchia” di cui sopra “cosa le avrebbe fatto”. Per motivi linguistici avevo capito solo io, e avevo risposto alzando il medio. Allora l’aggressore (non “il maleducato”, questa è un’aggressione) mi ha spiegato che non voleva mica scoparsi me, che ero grassa, ma la mia amica.

Si diventa invisibili, eh?

Beh, speriamo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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