
Questo, nello slang spagnolo, sarebbe un post “jijiji jajaja” (si legge come una risata, ma con le aspirate al posto sbagliato). Nel senso che parlo scherzando di cose che non sempre sono scherzose.
Vabbè, ormai su questo blog è quasi un cliché che un occasionale visitatore (o visitatrice, in questo caso) venga nel mio salotto e si ritrovi l’ex compagno di quarantena steso a terra a dormire. Ma credo di avervelo già detto: lui non ama le case, non ama i letti, e non ama i materassi che non siano tipo duri come pietre.
La visitatrice era in realtà una signora che viene a fare le pulizie dalla mia vicina, e che, la prima volta che ha visto casa mia, mi ha confermato quello che mi dice chiunque: io a volte sono cieca. Ci sono cose che vedo, della mia vita, e altre che no. Questo mio presunto caos (visto? scrivo ancora “presunto”) lo notate solo voi. Vabbuo’? Non pretendo di essere ordinata, ma diciamo che ho altre priorità. Solo che, siccome il coinquilino se n’è andato altrove a godersi la sua nuova vita, volevo che qualcuno mi aiutasse a riorganizzare la casa.
La signora non ha fatto commenti davanti al bell’addormentato in salotto, piuttosto mi ha chiesto a bruciapelo: “Dov’è l’anticalcare?”. Uff, pensavo se ne fosse scordata! Me l’aveva chiesto invano l’altra volta, quando l’avevo chiamata perché il coinquilino aveva degli standard igienici e io, invece, avevo una vita (*inforca occhiali da sole fashion*). Allora, dopo quella prima visita della signora, ero passata per il Veritas disposta a pagare un rene, se era il caso, ma l’anticalcare proprio non ce l’avevano: segno che era proprio il Satana del disastro ambientale, che era uno di quei prodotti sostituibili con aceto e bicarbonato, e cose così.
Però, mentre il compagno di quarantena resuscitava dal suo giaciglio e io risistemavo un po’ il romanzo finalista a questo premio, ho sentito grattare in bagno, e ho capito: questa signora sessantenne, energica ma con un po’ di affanno, ha deciso sul serio di affrontare il calcare del pleistocene che mi sono ritrovata nella doccia al momento di stabilirmi in casa. Come tante guerriere del pulito della sua generazione, l’ha fatto armata di coltello, e quasi spalmata a terra. E tutto perché io, fraccomoda scribacchina, non avevo trovato il calcare ecobbbio.
A quel punto, la bozza mi diventava tipo scritta in sanscrito, non riuscivo più a concentrarmi, e finalmente… ho alzato il popò dalla sedia: “Signora, vado a comprare l’anticalcare!”.
Quella ha accolto la notizia come se le avessi offerto il vaccino anti-covid. Anzi, già che c’ero, potevo comprare anche…? Sono andata via con una lista nutrita di cose per cui, la rara volta che mi ci metto, userei il detergente generico “amico dell’ambiente”, che un giorno scoprirò consistere in acqua e collutorio.
Quando sono tornata con dieci euro di spesa, la signora ha organizzato un anticalcare party su due piedi per festeggiare la mia tardiva apertura del portafogli: che si sarebbe aperto di nuovo, va da sé, quando ormai dagli scavi di casa mia era emersa una metropoli nascosta, di cui ignoravo l’esistenza. Non capivo neanche quanto stessi pagando, c’era una banconota in più rispetto a quella pattuita, ma avrebbe dovuto essere inclusa fin dall’inizio.
Perché, mentre la signora puliva tutt’intorno a me, io arrivavo alla parte del mio manoscritto in cui Elena, la protagonista, decide se andare o no all’occupazione del Palau Robert, e mi rendevo conto ancora una volta di quanto culo ci volesse, e soprattutto quanto privilegio, per poter pensare solo alla parte che più m’interessava della stanza: Elena sul mio foglio Word, non la polvere tutt’intorno.
Succede spesso che le donne della mia età e condizione sociale paghino un’altra donna per pensare alla polvere. A volte invece, specie quando ci sono bambini in casa, non possono scegliere. Le “senior” della mia famiglia hanno provato a insegnarmi che “non dovrei fare tutte ‘ste storie se il mio uomo non vuole fare i servizi: alla fine che mi costa?”. Tantissimo, mi costa: una vita in cui dovessi fare ogni giorno una cosa che odio, senza ricavarne neanche un euro, sarei infelice. Quindi perderei la ragione principale per cui, in teoria, si dovrebbe ricercare una relazione romantica: essere felici, giusto?
Ah, già: la ragione è un’altra. È sempre stata un’altra.
E visto che le donne devono ancora scegliere, e sentirsi fortunate se possono… beh, io tra la polvere ed Elena scelgo Elena. Occuperà il Palau Robert, o deciderà di no?
Lo scoprirete nel prossimo romanzo! Intanto studio per vedere come si scrive un contratto di lavoro part-time da offrire alla signora.
Scommetto che quella riesce a inserirmi l’anticalcare pure nelle righe piccole.
(La mia idea per pulire era un po’ questa, ma era poco vegana.)