La mia fermata: scendo!
Ah, no. Cioè, sì: Tetuan è la mia fermata della metro, ma è quella di tredici anni fa. Ci sono cascata l’altra sera lungo il tragitto verso la Sagrada Familia, dove mi aspettava un amico.
Ci sono cascata per due motivi: il romanzo che sto risistemando ora è ambientato proprio in Plaça Tetuan, al numero 10; al numero 10 di Plaça Tetuan, non vi stupirà scoprirlo, ci abitavo anche io. Con la protagonista del romanzo ho poco da spartire, perché Veronica è timida e indecisa, riccia e tettona. Però ho vissuto nel suo stesso appartamento, in cui ai tempi si verificava lo stesso fenomeno che succede a lei: chiamavano al telefono fisso per ordinare da mangiare! C’era stato un refuso nel numero di un ristorante famoso, stampato su una guida turistica. Io rispondevo educatamente che non eravamo un ristorante, mentre Veronica, data la gggrossa crisi di quell’anno (il 2008), a un certo punto comincia sul serio a prendere le ordinazioni!
Insomma, Tetuan non è più la mia fermata, e il riflesso condizionato di scendere ve la dice lunga su quanto mi stia rincoglionendo con questo manoscritto. Però, quando la metro ha ripreso a muoversi, è sparita la scritta della fermata e sono apparsa io, nel vetro reso opaco dalla galleria in cui entravamo. Ci credereste che non mi riconoscevo? Cioè, un istante prima pensavo a Veronica, e anche alla me ventisettenne che viveva a Tetuan, e all’improvviso eccomi davanti quest’altra tizia, più vecchia, con una mascherina nera che le copre mezza faccia e delle occhiaie che suggeriscono che non si è truccata. Possibile? Cos’hanno fatto gli ultomi tredici anni alla vita di questa sfigata?
Mi sono risposta da sola ieri, su una bella pagina di Italiani all’estero che vi consiglio (e credetemi, è un miracolo che ve ne riesca a consigliare una). In realtà rispondevo alle domande di una tizia che viveva a Parigi, e spiegava di avere problemi con una vicina. Ben presto, però, le sue lamentazioni si estendevano all’intera popolazione “imbruttita” di quella città, e lei aveva paura di star diventando come loro. Allora ho commentato così:
Ciao! Al momento di trasferirmi a Barcellona sono stata colpita da quanto la gente provasse ad approfittarsi di me o mi ignorasse semplicemente, anche se si trattava di rispondere a una mail. Non ti dico i tentativi di truffa… Allora ho deciso che NON sarei diventata come loro, anche se era difficile, e ho preso a modello quelli che invece mi hanno aiutato. È un esercizio quotidiano, specie in grandi città caotiche e dispersive, dove la gente è incattivita da prezzi e lavori orrendi. Penso che si tratti di fare una cosa piccola ogni giorno: salutare una vicina, aiutare un turista che sembra essersi perso… Non ci avranno mai!
Ok, ve la dico tutta: il turista non lo aiuto. Semmai lo sorpasso a sinistra, e bestemmio tra me e me contro i turisti che avanzano a passo di lumaca. Dopo tredici anni, sono un po’ incattivita anche io. Ma a quanto pare non sta succedendo agli altri utenti della pagina: è da ieri che continuano a mettere “mi piace” al mio commento, con cuoricini assortiti. Una ragazza che vive a Londra ha risposto che proverà a fare lo stesso, e trattandosi di Londra le ho augurato in bocca al lupo di cuore.
Ehi, non vale solo per l’estero. E sì, basta una piccola azione al giorno, parola di scout. No, non ho mai fatto la scout.
Ma comunque non ci avranno mai.