Ice Age: El gran cataclismo', hundimiento total

Anni fa, un adorabile bugiardo mi diceva che ero bella anche appena alzata. E sottolineo “anche”.

Oggi ho scoperto che invece, secondo il compagno di quarantena, al mattino sembro uscita dall’era glaciale.

Mentre spunto dalle coperte con i capelli sconvolti, pare che abbia viaggiato ventimila anni, e mi stia adattando in fretta a molti cambiamenti. Toh, una lampadina. Ehi, un gatto senza zannoni. Wow, un trentenne con tutti i denti!

Sapete cosa ci è rimasto davvero dell’era glaciale? Il cervello.

Forse ve l’ho già detto, ma i corsi che ho seguito quest’anno raccontavano la stessa storia sull’umanità: siamo la specie che si concentra sulle cattive notizie perché ventimila anni fa, quando dovevamo distinguere tra il frusciare di foglie e lo strisciare di un serpente, era meglio prepararci al peggio. Il worst-case scenario come metodo di sopravvivenza!

Resto convinta che sia la pressione sociale ad avere l’ultima parola, ma il software che abbiamo ereditato dall’era glaciale è come l’InstaPot primigenia di quando ancora cucinavo. L’avrò anche accantonata per cibarmi di hummus e pane di Baluard, ma i suoi richiami ancestrali sono sempre lì, a suggerirmi che ogni tanto due legumi potrei anche cucinarmeli, invece di buttarla sempre sulla pasta di lenticchie!

Esempi scemi a parte, non dobbiamo rassegnarci per forza al cervello cavernicolo.

Prendiamo l’umore nefasto da risveglio: una jattura universale. Eppure, sapete cosa? Se pensiamo che sarà una giornata demmerda, abbiamo ragione. Se pensiamo che andrà bene, abbiamo ragione. E non nel senso del pensiero positivo. Sono poche le piaghe oggettive, come la formula panino al salame + caffelatte dei bar locali. Il resto è più spesso una questione di interpretazione, che dipende da tanti fattori: non ultimo, il nostro atteggiamento. Prendete la mia prof. di storia al liceo! Alla prima interrogazione le parlai del connubio stato-chiesa in non so che periodo medievale: lei assentì tutta contenta. Per quando eravamo arrivate alla seconda interrogazione, l’esimia già mi schifava: quando ripetei il concetto, mi informò disgustata che nell’epoca in questione non c’era alcun connubio stato-chiesa. Ecco un primo pensiero positivo: nessuno di noi è la mia prof di storia al liceo. Noi abbiamo una vita.

Senza scomodare il sistema scolastico italiano, basta un dettaglio minimo a cambiare l’umore e, spesso, la giornata! Stamattina mi sento vispa per pura cazzimma: ronfavo al punto che ho registrato i miagolii di Archie quando questi erano già cessati. E vai! Non me ne vogliate, è che anche il piccoletto miagola per cazzimma, visto che non tollera che io dorma quando è sveglio lui. Da lì è stata tutta una catena di sorrisi, che mi stanno facendo digerire pure l’idea dell’esame di inglese che devo dare oggi su Duolingo (giuro!). Che rottura di gonadi, ma almeno non devo prenotare in anticipo e sganciare 220 euro come per l’IELTS. Che vada bene pure la poracciata Duolingo è un altro lato positivo di aver scelto un’università non proprio facoltosa per il sospirato master in psicologia, anche se, come motivazione, la retta bassina (per il Regno Unito) resta in pole!

Non prometto niente: domani magari mi chiedete di Archie e dell’esame, e io vi mangio a colazione.

Ma oggi mi sono ricordata che dovremmo piantarla con la mania del pessimismo e fastidio a prescindere: pensiamo ci protegga da “ogni evenienza”, e invece l’evenienza si presenta solo una volta ogni tanto, come il serpente che il nostro bis-bis-bis doveva distinguere da una foglia secca. Solo che lo stress, oggi, ammazza più dei serpenti, dunque il rapporto costi-benefici del nostro pessimismo ancestrale non è proprio grandioso, ma è più simile a quello di un’ingombrante pentola elettrica che abbiamo smesso di usare. Va’ che oggi, se il buon umore continua, mi preparo un pranzo come si deve…

Uhm, no, per quello ci vediamo tra altri ventimila anni.

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