
Io ne volevo uno di ogni specie.
Adesso non immaginatevi l’arca di Noè, ma insomma: volevo un cagnolino, un gattino e una cucciola umana.
Alla fine è venuto Archie, e quando il compagno di quarantena deciderà una volta per tutte che “Il fuoco di un camino / non è caldo come il sole del mattino”, rimarremo io e il micio.
Benissimo! Come provavo a dire in questo articolo qui, gli amori targati Disney non ci interessano. Vengono da una narrativa stantia, che una volta copriva disuguaglianze economiche brutali e adesso… fa lo stesso, ma viene sempre più sbuggerata da chi non ci sta a farsi rimproverare ciò che non può fare, o semplicemente non vuole più.
Le famiglie dovrebbero somigliare il più possibile alla nostra vita, a ciò che vogliamo per noi. Le famiglie che ci scegliamo, almeno.
Mia madre si sta affezionando ad Archie, da che la sfottevo di fare la brava col “nipote”. La nonna (cioè, sempre mia madre) disapprova il fatto che lui mi balzi sul tavolo, ma prima o poi capirà che lui è il padrone di casa, quanto me. Che non esistono “animali da compagnia”, e pensare che una specie sia superiore alle altre è specismo. Per Archie, sono io a far parte del suo territorio, e non viceversa. Non va disciplinato, o considerato parte dell’arredamento.
Semmai dovremmo educarci noi, a vedere come nostro pari (e non come un umano imperfetto) chi con noi divide lo stesso salotto, le stesse notti insonni o felici, lo stesso pezzo di vita.
Per quanto sta in noi, scegliamoci una famiglia a nostra immagine. Ne trarremo soddisfazioni di ogni specie.