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Da mypersonaltrainer.it

Sulla strada per la Fiera vegana, ho beccato una ventenne che mangiava la papaya. Era seduta su una panchina e scodellava i semi col cucchiaino di plastica. Dicono che i semi di papaya siano miracolosi col ciclo, anche se io preferirei sempre un’anestesia locale e una pompa svuotante… Ma il punto è un altro. Io, che osservavo la ragazza, avevo nel borsone pronto per la fiera tre contenitori da asporto: uno per la lasagna, uno per la parmigiana e un terzo per due tranci di pizza. Ue’, avevo un amico a cena, mica mangiavo tutto io!

Ma comunque, intuirete che c’era una bella differenza con una che a ora di pranzo se ne stava su una panchina a mangiare la papaya… Oddio, adesso il mio vi sembrerà uno di quei post atroci in cui una donna deride le altre, troppo virtuose o discinte per i suoi gusti, e spiega come lei sia taaanto diversa.

E invece volevo solo dire che, quando vent’anni ce li avevo io, nel mio paesone c’erano teorie molto peculiari su quale fosse il pasto ideale: i nostri genitori mangiavano rigorosamente due piatti impegnativi (pasta o riso, più carne o pesce) e la frutta, almeno a pranzo. Qualsiasi deviazione da questa consuetudine era salutata con sospetto, anche se, francamente, non bisognava essere a dieta per saziarsi al primo round!

Adesso, invece, quello che viene considerato un pasto completo è, tipo, l’antipasto dei miei tempi! Sarà che vivo in una terra felicemente inappetente (si scheeerzaaa, ma quell’insalata come primo piatto…). Sarà che il millantato “piatto unico” di Jimmy Joy mi lascia tutt’altro che sazia… Insomma, ho intuito il passaggio da un’idea peculiare di pasto completo a un’altra ancora più peculiare, per una serie di motivi che a volte sono buoni e a volte no.

Un compitino che dovevo consegnare per il master (ho preso un’insufficienza, ma questa è un’altra storia) mi ha portato a leggere un’analisi comparata tra le modelle da sfilata e quelle online, che non sapevo appartenessero a categorie diverse: la conclusione era che, per rientrare negli standard di bellezza attuali, buona parte delle candidate doveva assumere sempre un fabbisogno energetico inferiore alle proprie esigenze giornaliere. Però dare per scontato che una magra si sta limitando a tavola pure è discriminatorio verso chi, come me, ha un fisico minuto (lascia che poi ci penso io a rimpolparlo…).

Nel paesone della mia adolescenza, per le donne vigevano ancora le forme felliniane, per cui “un bel culo” (che, per Mickey Rourke in Domino, è il didietro minuto e tonico di Keyra Knightley) al paese mio aveva ancora le dimensioni vantate dalle maggiorate anni ’50.

Tutto questo per dirvi: prima di fare qualsiasi analisi sulla pressione estetica e i suoi dettami, rendiamoci conto che è una roba assolutamente aleatoria. E verrà cambiata da fattori come il prossimo film di culto, o una crisi economica, o gli stilisti che decidono che le supermodelle costano troppo e non sono più efficaci come attaccapanni.

E no, non concluderò dicendo minchiate come “Le vere donne hanno le curve”, o peggio, “È una questione di salute!” (la scusa preferita della grassofobia).

Dico solo: rendiamoci conto di quanto sia arbitrario ciò che può condizionarci la vita. Tipo la manfrina del BMI.

La papaya a me non piace, ma se la prossima volta trovo la ragazza di prima a mangiare banane, me ne prendo una. Poi, però, lasagna!

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