Trovate qui le puntate precedenti.
Alcuni nomi e fatti sono stati alterati per questioni di privacy, ma le cose sono andate più o meno così.
Litofaga

Ci capiamo su tutto, cazzo.
Abbiamo visto le stesse cose: le stesse okkupazioni, Jack Frusciante che usciva dal gruppo, e la stessa TV, Gialappa’s e Boris.
Strada facendo Bruno mi imita David Bowie che canta in italiano: Ragazzo solo, ragazza sola. Mentre rido come una scema (rischiando di beccarmi una secchiata da un balcone) mi rendo conto che siamo arrivati sotto casa mia. Non invitarlo a salire diventerà difficile, se ce ne restiamo lì a fare casino.
E dire che mi ero promessa di non parlargli mai! Non mi ero rimangiata la parola: ero stata messa, mo’ ci vuole, spalle al muro.
In fondo sapevo che un giorno l’avrei trovato a cena dall’Amica. I suoi invitati erano spesso membri d’onore della Corte dei Miracoli, che lei sperava di salvare o, almeno, di sfamare una sera.
Quella volta ero arrivata per ultima, l’Amica era barricata in cucina, e la visione completa del salotto mi era occultata dal solito pilastro, piazzato tra la tavola già apparecchiata e i due divani. Affacciandomi dal pilastro mi ero ritrovata davanti Bruno, che per una volta ascoltava qualcun altro.
Mi ero guardata indietro: ora o mai più.
Potevo inventarmi un’emergenza a casa, un’altra prodezza dell’uomo col mastino… Il mio corpo già si protendeva verso l’uscita. L’avevo fermato. Ero impazzita? Devi ascoltare il tuo corpo, lui a volte sa le cose prima di te. Lo predicava la mia psicologa, e io per questo la chiamavo “la Petulante”: alla fine cosa aveva da dirmi, ‘sto stronzo di un corpo?
Avevo oltrepassato il pilastro e mi ero sentita addosso gli occhi di Bruno, che mi esaminavano. Avrebbe concluso poi che sembravo più giovane.
Oltre a lui e a una coppia in vacanza, c’era la Divina: era lei a parlare, mentre Bruno taceva. Somigliava a un’attrice di Hollywood dalla bellezza un po’ irregolare, a cui ero stata paragonata anche io perché avevamo le stesse irregolarità. La Divina invece era identica.
Senza smettere di guardarla, lui si era messo a scherzare con me su quanta fame avesse. A chi lo diceva! Lo stesso amico che aveva teorizzato la Corte dei Miracoli mi chiamava “litofaga”, perché mangiavo anche le pietre… Bruno aveva riso della definizione. A un certo punto ero stata certa che mi avrebbe aggiunta a Facebook, quella notte stessa o il giorno dopo.
“Ue’, litofaga!”.
Era stato il giorno dopo. Non aveva aggiunto ai contatti anche la Divina.
“Con quelle come lei ci metto tempo” mi avrebbe spiegato un giorno. Con quelle come me, invece, sticazzi.
Ripenso al nostro incontro forzato mentre la notte procede senza di noi. Restiamo a parlare e ridere davanti al portone un’altra ora, poi due.
All’improvviso mi rendo conto: era di questo che avevo fame. Di una notte come questa. Bruno mi ha finito le patatine, mi è debitore! Se adesso si curvasse su di me da quell’altezza che comincio ad ammirargli, se adesso mi baciasse…
No, devo scappare. Ora o mai più.
Con lui è sempre ora o mai più.
A mercoledì per il seguito!
Se vi piace ciò che scrivo, date un’occhiata al mio Sam: non glielo ricordate, ma ha vinto un premio proprio figo.