Ecco qui (scorrendo dal basso) le puntate precedenti.

Alcuni nomi e fatti sono stati alterati per questioni di privacy, ma le cose sono andate più o meno così.

Totò ha gli occhi azzurri

Perché ti ostini a trattarmi come spazzatura?

Manca mezz’ora all’apertura dell’esposizione, e io me ne sto lì a scrivergli. Le dita mi scivolano da sole sulla tastiera del computer, di questo passo smetterò di contenermi. È quello che voglio? È quello che voglio. Esito solo un momento, poi lo scrivo.

Ha presente la sua ex, la Bella Stronza? Quella che era alta, portava la quarta “anche se non si vedeva”, e tutte le informazioni che Bruno mi ha dato mentre distesa accanto a lui c’ero io? Ebbene, la Bella Stronza è uguale a Totò, a parte gli occhi. Mi umilia il fatto che lui mi consideri appena passabile, dunque indegna delle sue attenzioni, e poi mi ponga come modello di estrema bellezza una che è Totò con gli occhi azzurri.

Scrivo proprio così. Fanculo ai miei anni di femminismo attivo, al master in Studi di Genere, al dottorato analogo che mi ha portato fino a Barcellona. Quando premo Invio, sono messa davanti al fatto compiuto: ho risposto alle bassezze di Bruno prendendomela con un’altra donna. Una che non conosco nemmeno, che non mi ha mai fatto niente.

Riesco solo a pensare: mai più, cazzo. Non devo farlo più. E devo anche smetterla di circondarmi di gente che tiri fuori il peggio di me.

Il fatto è che l’ho incrociata davvero, la Bella Stronza, mentre girovagava tra i baretti del Gotico insieme a certi amici suoi… E niente, mi sono messa a piangere con discrezione mentre andavo avanti per la mia strada: non avrei mai voluto essere lei. Eppure per mesi la mia identità è stata ridotta proprio al fatto di non esserlo.

Bruno si collega quasi subito: è vero che non sta facendo tutto come dovrebbe, ma io gli metto troppa fretta! Non ci credo, che mi parli di fretta dopo che ho passato sei mesi a fargli da donna invisibile. Poi capisco: per lui non sono mai stati “sei mesi”. Quello che vede è una serie di episodi in cui si trovava a “passare”, poi si infilava gli auricolari e annegava nella musica ogni traccia di me.

Però mi giura che la sera prima, mentre discuteva di luci con la coppia di Napoli, si chiedeva anche lui perché mi stesse ignorando. Era pure rimasto deluso, al ritrovarsi i due artisti alla porta senza me ad accompagnarli: si era chiesto sul serio dove mi fossi cacciata, pensando a me in virtù di quella assenza. Dunque è la mia presenza che proprio non tollera, parafraso. Il suo mea culpa si sta trasformando in autocommiserazione, ma all’ultimo momento lui devia verso il dettaglio che vorrei dimenticare: la mia definizione della Bella Stronza. Il paragone con Totò ha intrigato Bruno come qualcosa di assurdo da decifrare, e a me viene quasi da ridere: eccola che ritorna, la sua ex, che si vendica di quella mia critica stupida rubandomi la scena una volta di più.

“Raggiungimi più tardi all’esposizione” gli ordino, ma si ribella subito: si è già sbattuto abbastanza, ci arrangiassimo da soli! Sì, capisce che glielo chiedo per noi due, ma stasera non può farci niente. Stasera ha altro da fare.

Ho una foto della cena organizzata dopo l’esposizione.

Sono a un tavolo con due coppie: quella di Napoli che esponeva i quadri, e un’altra che mi ha appena consegnato l’invito per il suo matrimonio. Il pittore di Napoli ha appena fatto una gaffe, dando per scontato che avrei partecipato alle nozze con un compagno. “Invitalo pure” si è affrettato a concedere il futuro sposo. “Non sapevamo ci fosse un fortunato…”.

Per un lungo istante ho perso le parole. Al matrimonio ci sarei andata da sola, ho precisato poi, e intanto pensavo: cazzo, quelle lì sono coppie vere, mentre io sto con uno che si vergogna di me e si autocommisera per la sua vergogna, sentendosi un eroe per il solo fatto di “provarci” comunque.

Eppure nella foto sorrido. Sono di nuovo in tiro, ho un bel foulard. Sembro stonare nella mia eleganza inutile, contrapposta alla tenuta sfiziosa delle altre due commensali: nella nostra ultima, brevissima interazione allo Spazio, Bruno aveva già fatto apprezzamenti con me sulla pittrice napoletana.

Torno a casa stremata. Ho fatto il mio lavoro di coordinatrice: a quanto pare sono tutti contenti, e io non ho più energie. Anche Bruno ha fatto il suo lavoro: la serata di raccoglimento gli ha fatto recuperare la sua etica integerrima. Mi ha dato la sua parola che ci avremmo provato, e non la sta mantenendo. Però quando “passa” di nuovo gli do addosso in un modo che non si aspettava, e all’improvviso mi interrompe per chiedere a sproposito:

“Sabato verresti a cena da me? Ho un’ospite”.

Non è un’ospite: è l’amica per eccellenza, che non vive a Barcellona e, benché a distanza, gli fa da consigliera su tutto. Forse Bruno vuole sottopormi al suo autorevole giudizio, oppure quello è il suo modo di “costringersi” a fare cose da fidanzato, come invitarmi se ha ospiti in casa.

Nella mia mente già inizio a selezionare l’abito che indosserò. Devo essere perfetta. Perfetta.

Dopo l’invito a cena è più disposto a trattenersi, come se a quel punto non gli restasse altra scelta che prestarmi attenzione. Sta interpretando il copione di fidanzato, ce la sta mettendo tutta, e io gli faccio da spalla, incrociando le dita.

In quel momento non so che altro fare.

A mercoledì per il seguito!

Se vi piace ciò che scrivo, date un’occhiata al mio Sam: non glielo ricordate, ma ha vinto un premio proprio figo.

Pubblicità