Lo so, che i dilettanti hanno fatto l’arca e gli esperti il Titanic. Ricordate? Era tra le prime mail di aneddoti che circolavano nell’Italia fresca di Internet.
Però Abdul mi ha fatto pensare. Sì, sempre lui. Prima di privarmi della coinquilina più perspicace del mondo, mi aveva mostrato la mia nuova porta, e poi quella del vicino.
“Guarda la differenza” aveva ordinato.
Ora, io ho il privilegio di chi può dedicare la propria vita a non concentrarsi su questi particolari, ma in effetti quella del vicino era una signora porta, di un color marroncino che conferiva perfino qualche pretesa al legno utilizzato. La mia, invece, sembrava leccata da un cane che avesse mangiato della Nutella.
“Questo succede quando lasci fare ai non professionisti” aveva sentenziato Abdul, riferendosi senza saperlo a quel paraculo dell’antico proprietario.
Mi aveva distrutto così diversi anni di devozione ai lavori manuali, di saponi troppo morbidi e cappelli regalati a gente restia a indossarli. Per non parlare delle patatine di verdure che escono dal mio essiccatore!
Però avevo già “tradito” un po’ queste cose per le diverse pubblicazioni con cui chiudo l’anno. Quando il lavoro (retribuito) mi ha gettata fuori casa dalle 7 alle 23, almeno due giorni a settimana, non ho avuto un istante di dubbio su come dedicare il mio tempo libero: allora mi avreste vista col pc in bilico sullo step (visione celestiale!) a correggere racconti mai neanche selezionati dagli editori, ma utili a me per imparare.
Quindi, più che riuscire bene o male in qualcosa, d’ora in poi lascerò più spesso ai professionisti l’incarico di farmi sciarpe e saponi (e porte!), non tanto perché faccio schifo a incaricarmene io, ma per una cosa che ho letto su Facebook: “Provate a sostituire ‘non ho tempo’ con ‘ho altre priorità’. Cambia tutto”.
E mi sa che Noè, con l’impermeabile ancora addosso e gli stivaloni da pioggia, mi darebbe ragione.
Anche se sono convinta che Abdul, al posto suo, sarebbe riuscito a imbarcare anche i leocorni.
… E che vi strapperete i capelli per non averci pensato prima! Sempre che ce li abbiate, i capelli. Altrimenti potete fare come Rockerduck, e mangiarvi il cappello! Magari ve lo procuro io, perché, tanto per cominciare…
1.Mi faccio i cappelli guardando Netflix! E li battezzo a seconda di ciò che vedo mentre lavoro a uncinetto. Sono orgogliosa del cappello Orange is the New Black, anche se in tutta sta macedonia di colori è venuto fuori blu! No, gente, non ci vuole davvero niente. Non dovete neanche staccare gli occhi dal video. Amazing Grace mi dà splendidi gomitoli infiniti a 2 euro, e invece di cucirci toppe e gingilli per abbellire faccio di meglio: ci attacco spillette! Al mio ragazzo ho comprato due “A” diverse alla libreria della CNT. Così se la vede lui: con o senza risvolto, con o senza spilletta… Mi chiedo perché non abbia ancora sfoggiato la mia impareggiabile creazione: il cappello Norman Bates!
E a proposito di fare due cose insieme…
2. Preparo il pranzo sulla cyclette! Sì, lo so che è poco zen, e che Elsa Pataky, nel suo libro di esercizi, si arrabbia con le ragazze che leggono mentre fanno cardio. Ma siccome non aspiro a diventare né maestra zen né figa come Elsa (altrimenti ci riuscirei se-du-ta-stan-te), ho investito in una cyclette e uno step domestici (vedi qui), e li uso sistematicamente mentre faccio altro. Sullo step lavoro al pc e parlo su Skype; sulla cyclette accostata a un piano d’appoggio sgrano fagioli, pelo ortaggi, sguscio nocciole… Quando sto scrivendo scene particolarmente divertenti del mio fantastico nuovo romanzo (lo trovate nei migliori angoli di casa mia, scritto a penna), ho scoperto che una situazione del genere ben si presta a renderle ancora più ridicole. Insomma, come assicurarsi il Nobel e il Premio Fitness in una volta sola! Quando si dice ottimizzare.
E a proposito di ottimizzare…
3. Faccio un’OTTIMA maionese con l’avena! No, al contrario di quanto suggeriscano i miei denti non ho origini equine. Trovo solo che una maionese tutta vegetale sia particolarmente delicata, così l’ho scoperta alla mela (basta usare 5 cucchiaini di purè di frutta al posto dell’uovo nella ricetta) e soprattutto al latte d’avena (che faccio in casa con l’estrattore). Attenzione, perché non venga una brodaglia informe bisogna scaldare un po’ del liquido in un pentolino con la lecitina di soia. Comincio a sospettare che con questo principio si possa trasformare quasi tutto in maionese.
E a proposito di usi insoliti degli ingredienti da cucina…
4. Mi metto la farina sui capelli! O meglio, ogni tanto faccio uno shampoo di farina di ceci. Niente male! È poco pratico perché va fatto ex novo ogni volta, ma se consideriamo che si tratta davvero di mescolare farina, acqua e magari aceto o limone (o un olio essenziale)… La vera svolta c’è stata quando sui capelli mi sono schiaffata l’olio di cocco, in preparazione allo shampoo vero e proprio: mai venuti così morbidi! L’unica è sciogliere davvero un cucchiaino d’olio in una tazzina d’acqua, o vi tenete l’effetto ‘nzevato (unto) a vita.
E già che ci siamo…
5. Non bevo più acqua! No, scherzo, ma per problemi di ritenzione idrica, a cui attribuisco disonestamente anche la trippazza da “me piace ‘o magna’ “, ho preso una sorta di sciroppo alle erbe nella mia erboristeria preferita, che sciolgo in una bottiglia d’acqua liscia da un litro e mezzo. Così quando sono in casa bevo solo quello, e fuori tendo a ordinare l’acqua gassata come se fosse chissà che lusso. Il pancino ringrazia.
E per chiudere con le bevande…
6. Distruggo cerimonie millenarie! È che mia zia mi ha rovinata portando dal Giappone del tè fantastico, che ho scoperto essere matcha. Sì, quello della cerimonia del tè. So che in Italia sia arrivato in una versione cafona che piace anche a me: il matcha latte. D’altronde, a ordinarlo nelle catene hipster, lo mescoleranno pure col pennello d’ordinanza (che a Las Arenas vendono per 15 euro…), ma sono 4 euro a tazzina. Sapete che c’è di nuovo? Investite 13 euro per 100 grammi da una signora a Sant Antoni: ne basta una punta di cucchiaino in 200 ml d’acqua. Vi fate 100 tè in santa pace ed è fantastico. E qui arriva il sacrilegio! In barba alle ricette online rispettose del cerimoniale nipponico, la mia versione è: scaldo un po’ la tazza (vuota) nel microonde, ci verso la punta di cucchiaino di matcha, aggiungo l’acqua quasi bollente, giro e via. Mazinga nun te temo! Consideralo una vendetta per la pizza delle parti tue. Anzi, vuoi una tazza?
Ok, tempo di scrivere il post cretino del mese! Il più cretino, dico, non cominciamo a sottilizzare. Ormai ho capito che vi piacciono ancora di più di quelli profondi e sofisticati, come sono io di solito.
Infatti, come ogni personcina profonda e sofisticata, faccio tutte queste cose perfettamente normali che apprezzerete presto anche voi.
Mangio la camomilla! Non so che fondamento scientifico abbia, ma rovesciarmi la bustina di camomilla direttamente in bocca (prima la taglio con le forbici, malpensanti!) mi fa effetto in pochi minuti e, rispetto alla tisanina classica, non mi fa svegliare nel cuore della notte per fare tanta plin plin. Ovviamente, se ho bevuto una moka da 5 tazze alle 11 di sera non funziona granché, ma masticare margheritine aiuta. A questo punto le comprerò in erboristeria e le frullerò, per assumerle a cucchiaiate. Sì, cari umoristi antiveg, sono senza cuore.
Mangio il detersivo! Ma solo ogni tanto, eh. Quando lo preparo, diciamo. Perché seguo questa ricetta profumatissima con limoni, aceto, acqua e sale, che ha il vantaggio di non richiedere il filtraggio ulteriore dei fai-da-te di questo tipo. Confesso quindi che assaggio un cucchiaino di stramacchio nel versarlo nel contenitore (una vecchia bottiglia di vetro che conteneva aceto). Sembra crema pasticcera. Perché non compro il Fairy? Beh, quello mica si mangia!
Faccio il pesto con gli spinaci! Freschi, non cotti. Provate a prepararlo con gli ingredienti di sempre tranne il basilico, sostituito dagli spinaci. Recuperando un po’ di basilico provo anche con aneto, timo, menta, rucola… E dei pistacchi che ne parliamo a fa’! Amici genovesi non vi arrabbiate, ho visto cosa chiamate pizza, voi!
Mi spruzzo le bombolette spray sulle scarpe! Ok, questa ve l’ho già detta qui, al punto 5. Ma la ribadisco perché è fantastica. Non fingerò che l’effetto sia lo stesso che comprare scarpe nuove, ma una volta che un paio di stivali non mi fa male voglio portarmelo nella tomba! E se si scrosta un po’ la vernice, un’altra spruzzatina ed è perfetta. Se le scarpe sono proprio da buttare, provate a farle resuscitare con bomboletta + timbrini di gomma, ce ne sono anche di più sobri, rispetto a quelli per adolescenti.
Prendo i segnalibri da Sephora! Profumati e totalmente gratis. Loro vogliono che testi i loro profumi? E io vado lì, prendo le striscioline dei tester, le spruzzo con qualche fragranza e le inserisco nel libro che sto leggendo. No, non è ammesso mettere Anaïs Anaïs nei libri della Nin. Comunque in genere i profumi non li compro, li faccio così.
Trasformo la verdura in spaghetti! (Sì, ecco che ritorno al cibo…) Non è necessario cambiare dieta: la pasta crudista può essere un semplice modo di trasformare l’insalata in un piatto sfizioso. Provatela di zucchine, patata dolce, carote, rape… E vi sorprenderanno il carpaccio di melenzane e il riso di cavoli. Cominciate con un pelapatate o una grattugia grossa, e se il risultato vi piace comprate lo spiralizzatore!
Faccio polpette con qualsiasi cosa! Le più veloci mi vengono con le lenticchie rosse: le cuocio con abbastanza acqua per coprirle di qualche millimetro e, appena spenta la fiamma, le uccido di pangrattato e spezie. Ma in questo modo, senza fare chissà che schifezze, “impolpetto” tutti gli avanzi che si prestino, legumi soprattutto.”Tutto nella vita si può trasformare in polpette, se ci metti abbastanza pangrattato”. È il mio nuovo motto.
Non butto mai l’olio! Ma stavolta non si parla di cibo perché…Ci faccio sempre il sapone. Venti minuti e via. Se vi fa paura la soda (ma no, è facile!), usate la lisciva. E se vi va ricavateci il bagnoschiuma. Che in realtà sarà senza schiuma, ma non rompete: la schiuma non lava!
Mi coloro i capelli con l’ombretto! Sfumato il piano diabolico di farmeli tutti color lavanda, ho mandato al diavolo anche i gessetti appositi e uso direttamente un ombretto. L’ideale è farlo sui capelli biondissimi, ma si può sempre sperimentare. Tanto va tutto via con uno shampoo!
Trasformo le mantelline in gonne! Cioè, l’ho fatto per un po’, con dei miniponchos andini di cui, diciamo, non avevo capito bene la funzione. Sì, sono scema. Però ha funzionato. Magari provo coi ponchos traforati smessi da un po’, mettendoli sopra una gonna jeans o tinta unita. Se non m’internano prima, vi faccio sapere.
E voi, cosa fate di strano stranissimo? Fatemi sapere! Magari copio.
E niente, come dicevo nell’altro post sono sopravvissuta alla canzone di Adele, mai ascoltata che io sappia, e pure al Black Friday.
Sono passata per Portal de l’Àngel proprio mentre chiudevano i negozi, ma ho fatto in tempo a vedere la scritta che troneggiava sulle vetrine: tutto al 20%. Il ven-ti-per-cen-to? A me serve giusto un paio di calze, marroni. Secondo voi mi vado a prendere a capelli con mezzo mondo per pagare 1 euro e 60 in meno sul prezzo normale? Vabbe’ che non lo farei neanche se me le regalassero, ma a maggior ragione, chi si è fatto abbindolare da una roba del genere? Ah, molti?
Ok. Ognuno facesse quello che vuole. È che ultimamente mi sto rendendo conto della famosa differenza, che ebbene sì, mi tormenta spesso, tra volere e avere bisogno.
Le due cose andavano a braccetto per la zia novantenne che si chiedeva perché comprassimo le patatine fritte surgelate, quando bastava prendere una patata e tagliarla a sigaretta: l’olio l’avremmo scelto noi e avremmo fritto una volta sola. Ma a noi nipoti consumisti piacevano di più così.
Adesso no, mi sto rendendo conto che, se superiamo l’equivoco della comodità, tendiamo a volere solo le cose di cui abbiamo bisogno. L’insalata imbustata sarà comoda, ma quando comincia a marcire la rucola prima della lattuga a un paio di giorni dalla data di scadenza, e non riusciamo né a mangiarla né a buttarla, ci ricordiamo che il fruttivendolo ha la gentilina rossa a 10 centesimi in meno, un cespo intero. Ho cronometrato il tempo che ci metto a lavarla: cinque minuti perché sono lenta. Non ne valgono la pena?
Così per tutto il resto. Sono stata a un mercatino di beneficenza e ho preso vestiti carini e originali, roba di Nolita, Benetton, Miss Sixty. Alcuni nuovi, modelli che mi piacevano e nei negozi non trovo più, e adesso sto pensando a cosa mi servirebbe comprare e non trovo risposta (a parte le famose calze marroni). Ho tutto e mi scoccio di far posto ad altra roba che non mi serve.
Ho scoperto la passione per la cucina cinese, quella vera di zuppe e tagliatelle fatte a mano, e mi lascia perplessa chi dice che non può “permettersi di essere vegetariano”, forse pensando ai prezzi di Valsoia e prodotti bio. Dici che non vuoi, magari, non ti obietto niente, ma se mi tiri fuori l’economia ti ricordo che a fronte dei cinque euro delle tue ultime fettine io ho speso 80 cent di farina di forza e ho fatto tanto di quel seitan che pensavo di surgelarlo. Peccato che non surgeli mai niente, non ho bisogno neanche di questo. Lo spleen domenicale a che serve, se non a cucinare per mezza settimana?
Ma d’altronde, a che serve il Black Friday? A far girare l’economia. La stessa che condanna al precariato i commessi che fanno turni massacranti non retribuiti per farci comprare gli ultimi regali di Natale.
A proposito, sto facendo sciarpette per tutti, e non crediate che i gomitoli costino poco, vanno dai 5 ai 7 euro e per un lavoro decente ce ne vogliono almeno un paio. Ma volete mettere “‘a cazzata pe’ tu’ cognato”, come direbbe Osho, presa all’ultimo momento al centro commerciale, con la sciarpetta sbilenca che i miei amici fingeranno di apprezzare con un sorriso a denti stretti? Apprezzeranno il lavoro fatto pensando a loro ogni sera davanti a un film, o non sono amici miei.
Quello che voglio dire, in tutto questo, è: perché c’è la corsa ai regali, coi nuovi rituali dello sconto inventati negli ultimi anni? Perché così si usa. E perché così si usa? Perché abbiamo sempre fatto così.
Non sarà, allora, che sia questione di abitudine?
Perché, se è così, è fantastico: basta cambiarla! No, che non è difficile, basta fare un’altra cosa ogni giorno e diventa un’abitudine pure quella.
Sarà che i miei coinquilini, in questa casa, vengono e vanno a intermittenza, sarà che essere abbandonati al proprio destino genera mostri, ma io un po’ per volta ho assunto uno stile di vita basato molto sul fai da te, che mi taglia i costi perché compro quasi solo materie prime, e mi fa capire sul serio che tante cose che ci sembrano indispensabili lo sono diventate all’improvviso e quando impariamo a farne a meno non le rimpiangiamo affatto. Sì, lo so che non ho scoperto niente e siamo in tanti. Ma non sarà che siamo ancora pochi, a giudicare da come si sbattevano quelli del Black Friday?
Ok, le calze marroni mi servono ancora e non mi priverò della busta di germogli quando torno famelica dal corso delle 21.00. Non si tratta di riciclare per sempre le camicie smesse come stracci per la polvere e mangiare la stessa zuppa per una settimana, come “chi ha visto la guerra”.
Si tratta di scegliere come vogliamo vivere. Il resto, quello che dico succeda quando abbiamo cominciato, potrebbe sorprendervi sul serio.