
Viva i pompieri: fidatevi anche se non capite lo spagnolo!
Cantamañanas: è l’insulto più bello che abbia visto rivolgere a Pedro Sánchez. Persona irresponsabile, indegna di fiducia.
Ho scoperto il termine in un commento nella pagina barcellonese di Mediterranea, sotto a quest’articolo da cui, a beneficio di chi ha ancora bisogno di eroi in salsa brava, mi permetto di citare uno stralcio:
In altre parole, secondo [la vicepresidente spagnola] Calvo, Open Arms sta infrangendo la legge «a cui siamo tutti sottoposti» giacché la Spagna «è uno stato di diritto». Dimenticando che il codice della navigazione prevede espressamente l’obbligo di salvataggio dei naufraghi. La vicepresidente ha quindi confermato che all’arrivo in Spagna il governo, attraverso la Direzione generale della marina mercantile (che dipende dal ministero spagnolo dei trasporti), potrebbe multare la ong catalana per ben 900mila euro. Il che equivale a distruggere l’associazione, che vive di donazioni e aiuti. E di fatto, allineando completamente il governo spagnolo alla posizione di Toninelli e Salvini.
Il commento migliore a dichiarazioni del genere è stato quello di Oscar Camps di Open Arms: “Non so se parla lei, o Salvini è ventriloquo”. Che mi sembra una provocazione sublime, anche, e lo dico per chi ha dubbi sul mansplaining, se a dirla è un uomo a una donna.
Quello che non può dire un uomo a una donna è quanto questa debba far dimenticare all’elettorato di avere un bel corpo, anzi, di avercelo proprio, se vuole “giocare ad armi pari” (che poi, “donna” e “armi pari” nella stessa frase mi suscitano un sorriso che diventerebbe sghignazzo se fossi nera).
Ma, intanto che si risolveva tutto il casino dell’Open Arms e continuava l’odissea dell’Ocean Viking, l’Italia se ne stava un po’ a misurare i centimetri del bikini di un’ex ministra e un po’ a fare meme divertenti sulla crisi di governo, mentre l’Open Arms, finalmente lontano dai riflettori, entrava indisturbata nel porto di Lampedusa.
Stamattina mi sono alzata con un’idea balzana, stropicciata dal sonno: e se non li cacassimo proprio più, i migranti? Se i giornali si dimenticassero di loro, se invece di pensarci andassimo da questi a dire: “Ciccio, e i bilanci da approvare? I 49 milioni?”, oppure “Guapo, e il ‘commissariamento‘ della Catalogna? E i tagli?”. All’improvviso salvare vite non diventerebbe uno strumento indegno di lotta politica per afferrarsi alle poltrone, e cominceremmo a capire che, stato di diritto o no, se fossimo noi in mezzo al mare vorremmo essere salvati, e, pensate un po’, avremmo pure la legge dalla nostra parte.
Un momento! Era una provogazzione, ok? Più che altro un brutto risveglio.
Sì che dobbiamo parlarne, del razzismo mosso dalla paura mossa dalla crisi (come se il razzismo avesse bisogno di moventi). Però se dicessimo, tipo, non è questo il punto?
Che cazzo, ci sono migliaia di leoni da tastiera che ogni giorno mettono bene in chiaro che quello dei migranti non è un problema nostro, di noi che ce ne stiamo a discutere all’asciutto, ma non abbiamo un lavoro fisso o dei figli che ce l’abbiano. E allora ascoltiamoli: perché non guardiamo ai problemi che ci riguardano davvero?
La domanda sia piuttosto: questi qui del Governo, in un anno, che diavolo hanno fatto? E non è una domanda retorica. Di tutto quello che hanno fatto, cosa ce ne viene in tasca a noi?
Brucio dalla curiosità di scoprirlo. E in questo momento, mi sa, non sono l’unica a bruciare.
(Ho sentito questa versione di Aquarela do Brasil, cioè “Brasil nanananananana”, dopo aver letto il capitolo sul Brasile di Inhuman Bondage, libro sulla storia della schiavitù. Da allora mi commuovo ogni volta che l’ascolto.)