Immagine correlata Ci credereste? Un giorno prima di tornare a Barcellona (in realtà due giorni prima, la Vueling mi avrebbe annullato il volo) mi ha contattata su Facebook un ragazzo italiano molto gentile, che mi ha spiegato che il mio portafogli era stato ritrovato. Privo dei quaranta euro che conteneva al momento del furto, ma con tutti i documenti a posto.

C’era pure il fazzoletto.

In realtà, con la storia del fazzoletto volevo far cominciare un romanzo, la cui unica parte autobiografica sarebbe stata questa: a una festa pasquale del mio paese, un tizio piuttosto eccentrico mi aveva chiesto due fazzolettini di carta. Era quindi corso verso le statue depositate sul sagrato della chiesa dopo essere state portate in corsa per le strade del paese, e aveva strofinato i miei fazzoletti sulla mano di Cristo.

Me ne aveva poi restituito uno, raccomandandomi di tenerlo da conto per i suoi poteri miracolosi. Infilandomi il talismano nel portafogli con un sorriso perplesso, avevo guardato la statua del Salvatore che fino a poco prima svettava sulle nostre teste, e mi ero chiesta come fosse avere “una visione d’insieme”.

L’idea mi era venuta il mio primo giorno di lavoro in azienda, ormai 7 anni fa, quando, mostrandomi alla parete una foto panoramica di Barcellona, il manager mi invitò calorosamente a soffermarmi sulla didascalia: in un’azienda, recitava il testo in inglese, sono in pochi ad avere una “visione dall’alto” dei progetti in corso. Chi non ha questa responsabilità deve limitarsi a fare il suo, con fiducia e buona volontà, anche quando non ne capisce il senso. Tralasciando il sottotesto un po’ nazi (e sballato: l’azienda tracollò in pochi mesi), mi è rimasta un’impressione relativamente positiva di quell’immagine.

Mi ha ricordato che quello che ci succede è imprevedibile, perché ci mancano sempre elementi del quadro generale. E, ammesso che ci sia qualcuno con una visione dall’alto, non sembra disposto a scattare una foto e a premere su “Condividi”.

Avrei forse potuto intuire che, nella zona del furto del mio portafogli, ci fosse un parco in cui buttassero la refurtiva dopo avervi tolto i soldi. Non avrei mai potuto sperare che il mio venisse ritrovato proprio in presenza di un ragazzo italiano che s’incaricasse di rintracciarmi.

Quello che invece posso fare sicuramente è provare, senza ossessionarmi né distorcere la realtà a questo proposito, a ricavare il meglio dalle situazioni che mi succedono.

Nelle due settimane in cui sono rimasta senza documenti e coi soldi contati mi sono messa a sperimentare ricette mai provate, con ingredienti economici e deliziosi.

Quando la Vueling, come dicevo, mi ha annullato il volo di ritorno a Barcellona, ho fatto pace con Flaubert, il cui libro mi aveva deluso, ed ero andata a visitare almeno la zona in cui sono ambientate alcune scene.  Ho trascorso il più bel pomeriggio parigino di sempre. Ancora una volta, dunque, grazie anche a Gustave.

In fin dei conti, a cercarlo bene, un “angelo protettore” si trova sempre.

E a me conforta, in un certo senso, non avere mai il quadro completo.

Lo lascio a Littlefinger, che dopo tremila spoiler finalmente posso ammirare nelle sue macchinazioni finali, e alle miracolose statue acclamate dalle folle nei miei ritorni in paese.

Tutto quello che ho io è un fazzoletto in un portafogli che, attraverso un’incredibile giro di circostanze, è ritornato fino a me.

(Continua)

 

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