
Isabel Allende mi parla in inglese.
Lo fa da una piattaforma di corsi a cui mi sono abbonata l’anno scorso, perché avevano uno sconto notevole, ma poi non ho cancellato l’iscrizione perché sono un genio. E comunque volevo seguire le ultime lezioni di Allende.
Ci sono corsi di economia, bricolage, cucina. Tutti in inglese. La cucina non m’interessa perché non è quasi mai vegana, ma vabbè. Perché ti dico tutto questo?
Perché quando vivevo in Italia mi sfottevano. Per mille motivi: aspettavo l’autobus in piedi sul marciapiede, col libro in mano, mangiavo cinese con le bacchette “per farmi notare”, diceva uno, ma come fate a mangiare le zuppe con la forchetta? E mi vestivo sempre male, non importava come. Calzerotti? “Certe ragazze vengono all’università solo a fare la passerella” disse ad alta voce una tizia che mi passava accanto, credendosi chissà che moralizzatrice. Ero lì pure per prendermi la seconda laurea, ma vabbè.
Elegante? La volta che mi acchittavo, gli spostamenti diventavano proibitivi perché a sentire i miei (che non escono mai) mi avrebbero rapinata a destra e a manca. Ma perché, prima non correvo pericolo? “Prima ti vestivi come una zingara!”. Che come commento è razzista di brutto, ma anche le zingare in strada mi chiamavano zingara, per sfottere le mie gonnellone psichedeliche.
Ah, e quando lessi un libro di testo in lingua originale, la più simpatica del corso di dottorato (che sarà scaduta da un po’, ormai) fece un gesto come a dire: “Sei fuori?”. Dopo la discussione della tesi mi fecero i complimenti per lo spagnolo e lei sbottò: “Sì, ma ha dimenticato l’italiano”. “Io almeno lo conoscevo” suggerì mia zia dalle retrovie. Ma era troppo tardi.
Qui a Barcellona mi sfottono per i motivi opposti, eh: per gli standard locali vesto tipo Soraya di Persia! E all’inizio non guardavo serie, solo perché non sapevo neanche cosa fossero, e mi venne detto: “Sono cose troppo terra terra, per te?”.
Paese che vai, sfottò che trovi. Ma io sono come te. Anche tu avrai chissà quante stranezze, almeno agli occhi altrui, e avrai desiderato come me di nasconderle.
Sai che ti dico? Evviva chi non lo fa perché smette di illudersi: ci sfotterebbero uguale. E che culo se trovi un posto in cui, magari per i motivi sbagliati, perché la gente ha altri caxxi o ha visto di tutto, o entrambe le cose, ma puoi uscire così colorata da polverizzare gli occhiali da sole, o vestita solo di un cerotto sul pube, senza che ti cachino (sì, italiane, ci hanno ingannate, esistiamo pure se non ci trattano come pornazzi in 3D).
Io quel posto l’ho trovato e ho avuto il privilegio di restarci pure. Per chi non gode della mia fortuna schifosa, si tratta di fare la solita operazione che sappiamo, e che non facciamo mai: trovarcelo in testa, quel posto.
In testa. Vedrete che è più spazioso di un marciapiede di provincia su cui aspettate l’autobus, e intanto, che orrore!, vi viene lo sfizio di aprire un libro.
