
Finalmente ho un bel davanzale anch’io!
Lo so, sono spassosissima, ma sul serio, è bastata un’occhiata alla finestra del salottino, stamane, per visualizzare un concetto che esprimo spesso: la mancanza, intesa come un vuoto da riempire meglio.
Vedete, per mesi la visione del mio davanzale è stata occlusa da un elemento radioattivo: le scarpe da ginnastica del compagno di quarantena! Che ieri è venuto a riprendersele per portarle in una stanza dove c’è più sole, più riscaldamento, e più spazio. Sono contenta per lui: qui da me è ospite fisso comunque, solo che non ci sovrapponiamo più negli spazi vitali, come succedeva per forza di cose durante il lockdown.
Così la visione del davanzale nudo mi ha restituito in un istante tutta l’assenza: il grigio polveroso dello spazio sgombero; la composta malinconia dell’unica pianta di rosmarino, che mi sa che è andata; la visione che mi aspettava in cucina dei fornelli immacolati, con la caffettiera riposta sulla mensola in alto.
Allo stesso tempo mi sono detta: uh, finalmente ho di nuovo un davanzale! Potrò metterci un’altra pianta, più resistente alle stagioni di Barcellona. Oppure lo lascio così, con la sua promessa di affacciare su un mondo che sia degno di una sbirciata.
Fatelo anche voi. Celebrate il vuoto, poi riempitelo di ciò che volete.
Oppure lasciatelo lì, nudo, a riempire voi.