
Una volta ho iniziato un’amicizia con una doppia bugia.
Ho fatto credere che sarei rimasta. E che per me era amicizia.
Altre volte ho intrecciato legami con gente che credeva in qualcosa (una divinità, o un’idea) in cui non credevo io. Non fatelo mai.
In qualche caso il “qualcosa” è sopraggiunto a legame già solido. Lì è dura sul serio.
Nel mio nuovo romanzo, Aurora deve affrontare un legame mai iniziato. Rimandato a mai più per via di sciocchezzuole come religione, matrimoni combinati, e obiettivi di vita che definire opposti è un eufemismo.
È successo anche a me, ma al contrario. L’amicizia archiviata come un simpatico ricordo si è ripresentata decenni dopo, con interrogativi da niente: ho scelto bene nella mia vita, ho sbagliato tutto? Oppure mi assesto sul metà e metà?
Legami storti. Amori, amicizie nati per sbaglio o proprio perché in quel momento erano necessari, prima che un viaggio, un lavoro, il matrimonio mai auspicato, li rendessero un aneddoto. O un punto interrogativo.
Un fiore spelacchiato che non può crescere più, ma non vuol saperne di avvizzire.
Scrivo questo perché a volte passo la vita a raddrizzare ciò che una me più giovane e scemotta mi ha lasciato storto, e a quel punto non so quale di noi due sia più scema: io che non lascio andare, o lei che ci credeva.
Entrambe non capiamo che nel nostro giardino storto, o magari nell’unica pianta da balcone risparmiata dai gatti, c’è spazio un po’ per tutto.
Pure per le erbacce.
E a volte, quando vogliono loro, scopri che tanto erbacce non erano.
Se no, pazienza. Avete visto che vento, tira?
Porterà altri semi.








